domenica 4 agosto 2013

Un manifesto “giovane” per la legalità

Maddalena Maltese
Fonte: Città Nuova
Essere cittadini attivi, informati, testimoni credibili; rispettare il territorio e introdurre nel Codice penale i reati ambientali; sostenere lo ius soli e aderire alla campagna slot mob sono alcune delle voci che compongono il documento finale stilato dai 500 giovani del meeting di Caserta
«Grazie di questa Italia»: Valeria di Catania ha concluso con questo saluto il meeting per la legalità di Caserta, dove 500 giovani dei Focolari hanno scelto di essere protagonisti della loro terra, sporcandosi le mani sui campi di lavoro confiscati alla camorra o in aree abbandonate della provincia, 13 aree ripulite e riconsegnate alla comunità come beni di tutti. Hanno scelto di “sporcarsi” la mente e il cuore in forum su ambiente, lavoro, accoglienza, giustizia assieme ad esperti e testimoni.
I cinque giorni casertani fotografano l’altra Italia, quella che pur consapevole delle vicende giudiziarie di un capo di partito e dei rischi di tenuta di un governo nato fragile, continua a credere e lavorare sul piano della realtà e delle persone che faticano: su queste terre c’è chi muore di cancro ogni giorno per i rifiuti tossici illegalmente smaltiti, e non solo per le responsabilità dei camorristi, ma anche dei tanti imprenditori che da Nord a Sud hanno scelto le scorciatoie, incuranti del disastro umano e ambientale provocato. C’è il dramma di un lavoro che non arriva e non si crea lasciando campo libero a chi sul nero costruisce le fortune costringendo a scegliere tra due opzioni: la fuga dalla propria terra o la manovalanza criminale.
Al Palavignola la quotidianità ha il volto di Adaman, eritreo adottato da un famiglia italiana che non riesce a trattenere le lacrime quando si approfondiscono i risvolti della legge sull’immigrazione: vivere per mesi dentro un Cie al pari di un detenuto, senza avere commesso reati se non quello di cercare un Paese senza guerre e senza fame. Lo sa bene Nasder e i suoi due amici tunisini che alla traversata del Mediterraneo hanno affidato il loro futuro, appena quindicenni e con il peso di un’intera comunità che aveva raccolto i soldi necessari a garantirgli una possibilità.
In questo palazzetto si leva la voce di Clara, che si è vista chiedere il pizzo durante l’organizzazione della festa della sua scuola. Tale è l’Italia che questi giovani vivono, quella mediaticamente meno interessante, quella che la politica distratta riesce poco ad intercettare, eppure è la più vera.
Chiedono risposte a Giuseppe Gatti, sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Bari, che li provoca a pensare alla Repubblica come insieme di Stato e comunità: «Non si può pretendere dallo Stato solamente senza impegnarsi come comunità. Il noi è la sola garanzia di rinascita e vittoria sulla criminalità».
Ascoltano la vita di Antonio Diana, che ha visto il padre assassinato perché ha detto no al pizzo e che con timidezza si accosta a questo esercito di under 30, lui che ha voluto sostenere il meeting “da imprenditore”, ma con il nascondimento evangelico di non mostrarsi.
Scorrono anche sullo schermo le interviste a testimoni ordinari di legalità, in dialogo serrato tra spalti e platea. Per Ivan Vitali, economista, e Roberto Mazzarella, giornalista di Palermo, non c’è tregua nel rispondere agli interrogativi: «Non siamo qui per fare legalità da salotto, ma per chinarci ed ascoltare le sofferenze delle nostre terre e darne risposta», ribadisce Mazzarella, mentre Vitali spinge a «inventare lavoro» e a premiare chi sceglie di agire eticamente anche in campi garantiti dalla legge come quello delle slot machine, «legali ma non etiche».
Slot mob, la campagna lanciata da un gruppo di associazioni e di economisti, è stata sposata anche dai giovani del meeting. La legalità che si scopre e si pratica in questi giorni si declina con il noi, è plurale, si connota con una comunità che vive, si informa e poi mette in pratica la più complessa delle parole: amare.
E quindi essere legali è scegliere di amare l’altro in tutte le condizioni che vive perché è un fratello. Non c’è buonismo di bassa lega da queste parti: tutti sono consapevoli delle difficoltà e delle disperazioni, prevalgono i fatti, prevale l’impegno. E il manifesto conclusivo racchiude quanto fatto e quanto c’è ancora da fare: cinque punti che dipingono le scelte di questi giovani oggi e domani.
A Caserta, sulle pareti del Palavignola, rimane anche un segno visibile di questo meeting: un murales di 120 metri quadri dove 160 giovani a turno, in 90 ore, hanno raffigurato diversi sport. Ora comincia la gara e lo slogan vergato con un pennarello sulla maglietta di uno dei partecipanti, circondato da centinaia di firme, ne dà lo start: «Il treno è partito e non si ferma, noi non ci fermiamo».

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