Maddalena Maltese
Essere cittadini attivi, informati, testimoni
credibili; rispettare il territorio e introdurre nel Codice penale i reati
ambientali; sostenere lo ius soli e aderire alla campagna slot mob sono alcune
delle voci che compongono il documento finale stilato dai 500 giovani del
meeting di Caserta
«Grazie di questa Italia»: Valeria di Catania ha
concluso con questo saluto il meeting per la legalità di Caserta, dove 500
giovani dei Focolari hanno scelto di essere protagonisti della loro terra,
sporcandosi le mani sui campi di lavoro confiscati alla camorra o in aree
abbandonate della provincia, 13 aree ripulite e riconsegnate alla comunità come
beni di tutti. Hanno scelto di “sporcarsi” la mente e il cuore in forum su
ambiente, lavoro, accoglienza, giustizia assieme ad esperti e testimoni.
I cinque giorni casertani fotografano l’altra
Italia, quella che pur consapevole delle vicende giudiziarie di un capo di
partito e dei rischi di tenuta di un governo nato fragile, continua a credere e
lavorare sul piano della realtà e delle persone che faticano: su queste terre
c’è chi muore di cancro ogni giorno per i rifiuti tossici illegalmente
smaltiti, e non solo per le responsabilità dei camorristi, ma anche dei tanti
imprenditori che da Nord a Sud hanno scelto le scorciatoie, incuranti del
disastro umano e ambientale provocato. C’è il dramma di un lavoro che non
arriva e non si crea lasciando campo libero a chi sul nero costruisce le
fortune costringendo a scegliere tra due opzioni: la fuga dalla propria terra o
la manovalanza criminale.
Al Palavignola la quotidianità ha il volto di
Adaman, eritreo adottato da un famiglia italiana che non riesce a trattenere le
lacrime quando si approfondiscono i risvolti della legge sull’immigrazione:
vivere per mesi dentro un Cie al pari di un detenuto, senza avere commesso
reati se non quello di cercare un Paese senza guerre e senza fame. Lo sa bene
Nasder e i suoi due amici tunisini che alla traversata del Mediterraneo hanno
affidato il loro futuro, appena quindicenni e con il peso di un’intera comunità
che aveva raccolto i soldi necessari a garantirgli una possibilità.
In questo palazzetto si leva la voce di Clara, che
si è vista chiedere il pizzo durante l’organizzazione della festa della sua
scuola. Tale è l’Italia che questi giovani vivono, quella mediaticamente meno
interessante, quella che la politica distratta riesce poco ad intercettare,
eppure è la più vera.
Chiedono risposte a Giuseppe Gatti, sostituto
procuratore della direzione distrettuale antimafia di Bari, che li provoca a
pensare alla Repubblica come insieme di Stato e comunità: «Non si può
pretendere dallo Stato solamente senza impegnarsi come comunità. Il noi è la
sola garanzia di rinascita e vittoria sulla criminalità».
Ascoltano la vita di Antonio Diana, che ha visto il
padre assassinato perché ha detto no al pizzo e che con timidezza si accosta a
questo esercito di under 30, lui che ha voluto sostenere il meeting “da
imprenditore”, ma con il nascondimento evangelico di non mostrarsi.
Scorrono anche sullo schermo le interviste a
testimoni ordinari di legalità, in dialogo serrato tra spalti e platea. Per
Ivan Vitali, economista, e Roberto Mazzarella, giornalista di Palermo, non c’è
tregua nel rispondere agli interrogativi: «Non siamo qui per fare legalità da
salotto, ma per chinarci ed ascoltare le sofferenze delle nostre terre e darne
risposta», ribadisce Mazzarella, mentre Vitali spinge a «inventare lavoro» e a
premiare chi sceglie di agire eticamente anche in campi garantiti dalla legge
come quello delle slot machine, «legali ma non etiche».
Slot mob, la campagna lanciata da un gruppo di
associazioni e di economisti, è stata sposata anche dai giovani del meeting. La
legalità che si scopre e si pratica in questi giorni si declina con il noi, è
plurale, si connota con una comunità che vive, si informa e poi mette in
pratica la più complessa delle parole: amare.
E quindi essere legali è scegliere di amare l’altro
in tutte le condizioni che vive perché è un fratello. Non c’è buonismo di bassa
lega da queste parti: tutti sono consapevoli delle difficoltà e delle
disperazioni, prevalgono i fatti, prevale l’impegno. E il manifesto
conclusivo racchiude quanto fatto e quanto c’è ancora da fare:
cinque punti che dipingono le scelte di questi giovani oggi e domani.
A Caserta, sulle pareti del Palavignola, rimane
anche un segno visibile di questo meeting: un murales di 120 metri quadri dove
160 giovani a turno, in 90 ore, hanno raffigurato diversi sport. Ora comincia
la gara e lo slogan vergato con un pennarello sulla maglietta di uno dei
partecipanti, circondato da centinaia di firme, ne dà lo start: «Il treno è
partito e non si ferma, noi non ci fermiamo».
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