venerdì 22 aprile 2016

Traffico armi: i giovani rispondono all’appello del Papa

Il movimento per il mondo unito raccoglie l’invito di Francesco e in Parlamento chiede di fermare i mercanti di morte

In volo di ritorno dall’isola greca di Lesbo, con ancora negli occhi le immagini dei profughi del campo di Moria, il pontefice ha puntato di nuovo il dito contro i mercanti di morte, i trafficanti di armi che speculano sulle guerre da cui fuggono i rifugiati: «Io inviterei i trafficanti di armi, perché le armi, fino ad un certo punto, ci sono accordi, si fabbricano, ma i trafficanti, quelli che trafficano per fare le guerre in diversi posti, per esempio in Siria: chi dà le armi ai diversi gruppi, io inviterei questi trafficanti a passare una giornata in quel campo. Credo che per loro sarà salutare!».

Non è la prima volta che Francesco lancia il suo j’accuse contro il mercato delle armi. Ma sembra cadere inascoltato. Lo hanno raccolto i giovani delle Scuole di Partecipazione del Movimento Politico per l’Unità, insieme ai Giovani per un Mondo Unito, in collaborazione con il coordinamento italiano del Movimento Politico per l’Unità che fa capo al Movimento dei Focolari. Sono giovani provenienti da diverse parti del mondo, di lingue, culture e religioni diverse.
Si sono riuniti nei giorni scorsi nell’aula dei gruppi parlamentari, presso la Camera dei deputati: «Attualmente ci troviamo in uno stato di conflitto diffuso, che induce a parlare di “terza guerra mondiale”. L’emergenza di questa situazione ci fa interrogare su quello che possiamo fare noi e su quali politiche si possano attuare per cambiare il corso degli eventi, che oggi ci appare quanto mai disastroso e ingiusto», hanno detto rivolgendosi alla presidente della Camera, Laura Boldrini e al ministro degli esteri, Paolo Gentiloni.

«Crediamo che la costruzione della pace non sia un’utopia, ma un percorso che deve iniziare oggi sia dalle nostre scelte quotidiane che da decisive azioni politiche volte a questo obiettivo», hanno detto ancora i giovani. Perciò hanno lanciato un appello in cinque punti: «Come società civile chiediamo:

1. Il rispetto della legge 185/90; nello specifico chiediamo di interrompere l’esportazione di armi e il loro transito sul territorio nazionale, verso Paesi in evidente stato di conflitto armato, e Paesi che stanno commettendo gravi violazioni dei diritti umani;

2. Lo stanziamento di fondi per la riconversione a fini civili dell’industria bellica, con riferimento a quanto stabilito nell’art. 1 comma 3 della legge 185/90.
3. La trasparenza e il controllo delle transazioni bancarie verso importazioni, esportazioni e transito di sistemi d’arma

4. L’inclusione tra le priorità dell’agenda politica di temi come l’integrazione e l’accoglienza, promuovendo azioni volte a tutelare le minoranze, contrastando l’esclusione sociale e promuovendo politiche di dialogo che favoriscano una convivenza più pacifica, inclusiva ed arricchente

5. L’investimento di maggiori risorse nella cooperazione internazionale e nella promozione di vie non armate per la costruzione della pace»

Ora tocca ai parlamentari e agli uomini di governo, che erano presenti a quell’incontro, raccogliere tale appello.

Fonte: Panorama.it

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