Carissimi,
Grazie per la vostra vicinanza, per il vostro aiuto concreto, per la solidarietà e le preghiere.
Molti ci hanno chiesto notizie, ma solamente ora riusciamo a scrivervi qualche aggiornamento sulle gravissime alluvioni che hanno colpito il Pakistan in questi ultimi mesi durante il periodo dei monsoni e su alcuni aiuti che è stato possibile portare agli alluvionati in questo periodo. Queste alluvioni hanno creato un corpo mobile di acqua uguale in dimensioni all’intera superficie della Gran Bretagna (come potete vedere dalla mappa qui sotto). Sono stati colpiti 78 dei 121 distretti del Pakistan. 14,1 milioni di persone sono rimaste direttamente coinvolte nel disastro che ha colpito indirettamente altre 6,2 milioni di persone. 1,1 milioni di case sono state distrutte, altre 800 mila danneggiate. Man mano che si analizzano le perdite e i danni ci si rende conto che il disastro è senza precedenti e il numero delle persone vulnerabili e in necessità eccede la capacità di assistenza di qualsiasi singola istituzione. Solamente un sforzo comune di molti potrà riuscire ad alleviare le sofferenze di queste persone. Per ragioni geografiche e il numero delle persone coinvolte fa questa calamità naturale la più grande e complessa situazione che la comunità delle organizzazioni umanitarie ha mai dovuto affrontare. Le persone maggiormente colpite sono soprattutto poveri contadini e lavoratori non specializzati, che già vivevano sotto la soglia della povertà.
‘Per noi è stato un grande dolore vedere il nostro paese stravolto dall’alluvione! Non potevamo non cercare di portare un po’ di sollievo a tutte quelle persone che erano nel bisogno. Ci sentivamo poveri ma abbiamo capito che potevamo condividere con i nostri fratelli quel poco che abbiamo e cercare aiuti: Dio sicuramente ci avrebbe aiutato, perché stavamo facendolo non per noi ma per i suoi figli che sono nel bisogno.
Il 13 settembre con un gruppetto abbiamo visitato una scuola strapiena di senza tetto, c’erano alcuni volontari del governo che stavano già facendo un bel lavoro ma c’era ancora bisogno di tante cose.
Ho raccontato questo al mio lavoro e il mio capoufficio, musulmano, ha donato tantissime medicine, mentre tutti gli altri colleghi hanno aiutato con soldi e vestiti nuovi. Così anche i vicini di casa.
Ci siamo divisi in due gruppi, uno per seguirebbe questa scuola e un altro gruppo per visitare le vittime lontane dalla città, perché sapevamo che verso l’interno della provincia del Sindh la situazione era ancora peggiore. Il vescovo di Hyderabad ci ha incoraggiato ad andare avanti, era molto contento di questa iniziativa.
Durante 3 dei 4 giorni della festa musulmana della fine del mese di digiuno del Ramadan, abbiamo lavorato per preparare tutto.
Lungo la strada per arrivare al campo dei rifugiati all’interno del Sindh abbiamo avuto l’impatto con la dura realtà: tantissimi gruppetti di persone aspettavano qualche aiuto lungo la strada, e correvano dietro alle macchine che passavano. Purtroppo non potevano fermarci perché avevamo saputo che tanti camion con le donazioni erano stati assaliti e saccheggiati prima di arrivare a destinazione. Un bambino ci ha corso dietro per quasi un chilometro, e solo più avanti, quando eravamo al sicuro, abbiamo potuto velocemente fermarsi e dargli un po’ di aiuto.
Ma il vero shock era all’arrivo al campo. Invece di 70 famiglie, come ci avevano informato, ne abbiamo trovate 105. Le classi della scuola erano strapiene: uomini e donne, diverse incinta, tantissimi neonati e bambini. Tutti indossavano ancora il vestito che avevano quando erano scappati il giorno dell’alluvione abbandonando i loro averi.
Ci raccontavano che le loro piantagioni e il bestiame erano stati portati via dalle acque.
Abbiamo distribuito i 70 pacchi con dentro anche un paio di vestiti, e alle altre 35 famiglie che mancavano abbiamo dato almeno i vestiti. Ma ciò che più ci ha toccato è che le persone erano colpite da questo aiuto, addirittura ci abbracciavano quando ricevevano il pacco. Anche i bambini erano felicissimi con i loro pacchettini. Continueremo ad aiutarli.’
Volevamo usare bene gli aiuti ricevuti e siamo andati in diversi bazar per acquistare i prodotti al prezzo migliore. Ma la situazione di Karachi non aiutava, c’era tanta violenza sulle strade e tutti ci consigliavano di non uscire. Ma siamo andati ugualmente perché sentivamo che era urgente, le persone non potevano aspettare.
Nel primo campo abbiamo trovato 800 persone ammucchiate in una scuola, abbiamo distribuito quello che avevamo portato, ed anche abbiamo potuto aiutare con una somma in denaro una mamma che aveva appena partorito un bambino con parto cesareo nello stesso campo. Abbiamo saputo che c’erano altri 7 neonati.
Abbiamo radunato i bambini più grandi per giocare e loro ne erano felicissimi. Oltre agli aiuti, ci accorgiamo quanto sia essenziale il sostegno morale, ascoltare le persone, far loro sentire, non a parole ma attraverso la nostra presenza e il nostro amore che hanno dei fratelli, che Dio li ama.
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