Per arrivare a questa meta, Chiara ci insegna “l’arte d’amare”, perché l’amore, come ogni arte, non s’improvisa, ma ha bisogno di essere imparato.
La simpatia o l’antipatia che proviamo nei riguardi di chi ci sta intorno, i difetti fisici o caratteriali che ci infastidiscono, il calcolo dei pro e dei contro nei rapporti con gli altri, il ricordo delle impressioni buone o cattive, sono condizionamenti trannici che possono lasciarci per tutta la vita “analfabeti dell’amore”. Se non impariamo ad amare, rischiamo di essere “esteti” dell’amore, di amare chi è lontano e dimenticare i nostri prossimi, di amare qualcuno o qualcosa “contro” qualcun altro o qualcos’altro.
Chiara ha posto in evidenza quelle che potremmo chiamare le “lettere” di questo alfabeto evangelico: amare tutti, senza escludere nessuno, come Gesù che ha dato la sua vita per ciascuno di noi (cf. Mt 20, 28; Mc 10, 45); amare per primi, prendere l’iniziativa, come lui che ci ha amato quando eravamo ancora peccatori (cf. Rm 5, 8); amare i nemici (cf. Lc 6, 35), quelli che ci fanno torto o che sentiamo come una minaccia; farci uno, mettendoci al servizio degli altri senza esitare a rimboccarci le maniche (cf. Mt 20, 28; 1 Cor 9, 22).
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