“Oggi si pensa che l’odio e la violenza siano il segreto, la forma del progresso per portare avanti l’umanità. Contro questa mentalità avanza la nostra rivoluzione: essa porta al mondo l’amore e dà a Dio, ponendola a suo servizio, famiglia e ricchezze, arte e scienza, politica e lavoro, filosofia e teologia, vita e morte.” Questo chiedeva Chiara Lubich ai giovani del Movimento dei focolari e Charles, nel ghetto in cui viveva, ha dato la vita per queste parole rivoluzionarie.

Il loro programma – “Giovani di tutto il mondo unitevi”, in nome di Dio, al di là anche delle discriminazioni di colore – corrispondeva esattamente ai suoi ideali e così, in breve tempo, Charles, Mark, Jim e Gary diventano, pur diversi per età, colore della pelle e provenienza sociale, un gruppo affiatatissimo che comincia a diventare un segno di contraddizione e unità non indifferente nella città dei ghetti.
Charles, come Martin Luther King e molti altri, sceglie la via della non-violenza e dell’amore evangelico e con i gen distribuisce volantini spiegando i suoi ideali, suona in una rock band la chitarra e la batteria, si occupa dell’edizione statunitense del loro giornale. Ma a lui, ragazzo del ghetto, il ghetto non può perdonare queste frequentazioni e, con l’esacerbarsi degli animi, proprio in seguito all’assassinio di King, comincia anche ad essere consapevole dei rischi che la sua scelta comporta.
Per ben due volte scampa ad una rissa e ad una sparatoria. Il 24 giugno 1969, però, è vittima dell’ennesimo attentato. Questa volta, con una pallottola conficcata nella fronte, le sue condizioni sono da subito disperate. Charles per qualche ora riprende coscienza, saluta i parenti accorsi, riesce a ricevere l’unzione degli infermi prima di cadere in un coma irreversibile. La notizia si diffonde e cominciano le preghiere da tutto il mondo. Proprio in quei giorni a Roma si svolge il congresso Gen a cui Chuck avrebbe dovuto partecipare come rappresentante degli USA. È il 28 giugno 1969 quando ne viene accertata la morte.
La testimonianza che aveva dato nei suoi diciassette anni di vita affiora più che mai, oggi come allora. Dirà la nonna: «C’è qualcuno che si augura di prendere i responsabili. Io spero che non li prendano, perché sicuramente non sanno quello che hanno fatto e non sono pronti per la Giustizia. Per Charles invece sono sicura. Lo conosco il mio Charles, e so che è pronto per il cielo.»
La sua storia, semplice e straordinaria, affascina ancora oggi: famoso il musical Streetlight, del Gen Rosso, ispirato alla sua storia, e il progetto “Forti senza violenza”, portato avanti dal gruppo e che sta coinvolgendo attivamente i giovani nelle scuole, nelle carceri, nei quartieri più disagiati di tutto il mondo dal Messico alla Cina, dalla Germania a Cuba, dalla Polonia alla Giamaica, donando a tanti la speranza che animava “Charles dei ghetti neri”.
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