Siamo a 3/4 del film: Koichi
(12 anni) e Ryu (Ryunosuke, 10 anni) stanno in piedi, schiena contro schiena,
per verificare "se sono cresciuti". I due fratelli non si vedono da
sei mesi, a causa della separazione dei genitori (Koichi è rimasto con la mamma
e Ryu è partito con il papà). Rimangono così per un po', dritti,
"grandi", responsabili. Il dialogo porta sulla famiglia, la
separazione; si assicurano che ciascuno stia vegliando bene sul genitore che
gli è affidato. I due fratelli si sono ritrovati segretamente per ottenere un
miracolo, in un luogo dove per la prima volta due treni a gran velocità (i Shinkansen) dovrebbero incrociarsi, sprigionando una grande
energia con degli effetti magici. Il "miracolo" (Kiseki in
giapponese) che Koichi e Ryu chiedono è la riunione della famiglia. La forza
magica sta innanzi tutto nel desiderare questa riunione, un desiderio che si
tinge quasi di sacro nel film del regista Koreeda e viene infatti rispettato e
sostenuto dai componenti di quell’altro “mondo” che è in grado di riconoscerlo:
quello degli anziani (Appunti
sul cinema giapponese contemporaneo).
Oltre al nonno, complice astuto, aiutano la "fuga" altri ragazzi
(compagni di scuola), ciascuno con un desiderio nel cuore. (La breve sequenza
di immagini simboliche che rievocano i desideri dei ragazzi è uno dei grandi
momenti del film). Non importa che i desideri si realizzino o no: è la speranza
che i giovani protagonisti trasmettono agli adulti e agli spettatori. Speranza
che spinge a superare una tappa della vita e quindi aiuta a crescere.
Va sottolineato che attori,
sceneggiatura e montaggio sono eccellenti.
Il film si presta a parlare
del senso della famiglia, del rapporto tra fratelli, del superamento di noi
stessi impegnandoci in progetti al servizio della comunità. Dai 10 anni in su.
Mario Ponta
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