“Beato l’uomo che resiste alle tentazioni: dopo aver superato la prova, egli riceverà in dono quella vita eterna che Dio ha promesso a coloro che lo amano”.
(Giacomo 1,12)
(Giacomo 1,12)
Mi chiamo Lee Hyun-Chul. Quando ero studente all’università ho fatto da solo un viaggio con lo zaino in Australia. Non avevo nessun itinerario fisso e c’erano tante difficoltà e fatiche, ma per me è stato un periodo molto importante che mi ha cambiato e mi ha dato la fede. Durante la funzione del capodanno ho conosciuto il versetto di sopra e da lì mi accompagna sempre e l’ho messo anche nel mio cellulare.
Però l’esperienza del genfest è stato un momento specialissimo che mi ha marchiato per sempre.
Però l’esperienza del genfest è stato un momento specialissimo che mi ha marchiato per sempre.
Let’s bridge - l’inizio…Il 18 maggio 2012 era una giornata molto calda e mentre stavo con un amico a bere una birra fresca mi arriva una chiamata. “Domani c’e’ il workshop per il genfest: verrai, vero?” Anche se non ci conoscevamo personalmente, mi sembrava la voce di un vecchio amico e ripensando mi sembra che lì è cominciato per me ‘Let’s bridge’.
Avevo sentito da un mio collega di lavoro del genfest e avevo anche già partecipato ad alcune attività dei Giovani per un Mondo Unito (GMU). Per questo volevo sapere di più sul movimento dei focolari e avevo espresso anche il mio desiderio di voler partecipare al Genfest. Ma il primo motivo per cui mi sono prenotato era per fare un viaggio in Europa, un continente dove non ero mai stato, e passare un periodo un po’ diverso magari divertente. Avevo anche un po’ la speranza di poter fare un’esperienza simile a come era stato per me il viaggio in Australia.
Quando ho ricevuto l’invito a partecipare al workshop era logico andarci perché volevo anche conoscere i miei compagni di viaggio. Anche se era breve il workshop era un momento pieno di gioia e mi dispiaceva che ci saremmo solo rivisti il giorno della partenza.
Ma mi sbagliavo, perché al caffè – bazaar ‘Lovridge’ che abbiamo fatto all’università di Seogang e poi alla Mariapoli ci siamo rivisti. Tutti questi sono stati momenti preziosi. Prima per me queste attività erano una cosa da fare come preparazione ma poi faticare per qualcosa, dare il massimo per qualcuno mi ha fatto sperimentare che anche io posso dare e queste esperienze mi hanno fatto sentire una grande gioia.Partenza per il Genfest...
Partendo il Genfest mi sembravra il culmine di tutto questo periodo. Nell’aereo mi passavano nella mente tutte le attività vissute insieme come preparazione per il genfest come momenti peziosi e il mio cuore era pieno di aspettative. Ma non volevo aspettare troppo così ho pensato solo all’itinerario che avremmo fatto e come continuare nella gioia.
Arrivato in Ungheria tutto era diverso delle mie aspettative. Dovevamo muoverci con i mezzi pubblici, e anche l’alloggio non era per niente come avrei desiderato. Ma subito ho fatto un passo e mi sono ricordato del viaggio con lo zaino in Australia e mi sono detto che anche se era un po’ faticoso sarebbe un viaggio bello e pieno di avventure.
L’unità
Il clima del Genfest mi ha fatto ricordare il mondiale di calcio. Tutti diventati uno, vivevano e gioivano per la stessa cosa e sentivo che eravamo tutti in cammino verso l’Ideale del ‘Let’s bridge’. Anche dopo il concerto del Gen Rosso, il worldconcert, la marcia attraverso i ponti, questo clima era sempre al massimo e durava. Per la prima volta ho partecipato ad un incontro di così tante persone e l’unità tra noi mi ha fatto pensare che con l’energia di tutti diventati una cosa sola, potevamo veramente cambiare qualcosa.
Nonostante che il programma fitto, il caldo, muoversi con i mezzi pubblici, essere in un ambiente diverso era faticoso, nel vedere come uno pensava all’altro, sembrava che pian piano anche tra noi si costruivano dei ponti d’unità. E sentivo che anche tutta questa fatica era sua volontà.
Un’ultima ‘tristezza’ e commozione…
Durante la messa dell’ultimo giorno ho potuto cantare con il nostro gruppo la canzone dell’offertorio. L’orchestra era grandiosa e mi ha toccato nel più profondo. Sentivo anche una tristezza perché era l’ultimo giorno del genfest. Cantando mi passavano tutti i momenti vissuti da maggio come in un caleidoscopio. Il testo della canzone diceva “Signore, ti ridò tutto, tutto è tuo Signore” e mentre cantavo sentivo una gratitudine immensa per il dono che avevo ricevuto e tutti i momenti belli che avevo vissuto. Sentivo che tutti i momenti di fatica e felicità mi rimanevano per tutta la vita.
Concludendo…
Posso dire che ho ricevuto molto di più della mia aspettativa. Sono sicuro che, non solo i 6 giorni vissuti in Ungheria, ma tutto il periodo dalla preparazione, sarà una forza e un impulso importante per tutta la mia vita. Vorrei far ritornare il mio grazie a tutti quelli che mi hanno aiutato a fare questa esperienza, vivendo anche io per l’unità. Vorrei anche io costruire un piccolo ponte.

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