Negli ultimi mesi le notizie di tanti
tantissimi sbarchi di migranti provenienti dalla Siria e non solo, nelle coste
della nostra Sicilia, ci martellavano, ci interrogavano. Cosa
fare noi? non volevamo essere spettatori, ma renderci conto che in qualche modo
possiamo fare qualcosa, come singoli e come comunità!
E mettendoci tutti in un dialogo
costruttivo, giovani, adulti, ragazzi, abbiamo realizzato insieme, come
comunità di Catania, una serata di solidarietà per la Siria, “SIRIAmente”, sull’onda
di quella già realizzata dai Giovani per un Mondo Unito (GMU) di Milano. Abbiamo
proposto alle persone che invitavamo di venire con indumenti per i profughi,
con qualcosa di buono da offrire per l’aperitivo multietnico e con la
disponibilità a dare un contributo di solidarietà.
E ieri... eravamo in 120 tra adulti
giovani e ragazzi!
Era
bello vedere le persone accogliersi, stabilire rapporti attorno al buffet,
lavorare per suddividere gli indumenti, avvicinarsi allo stand di Città Nuova o
al mercatino di lavori artigianali. Tutto molto vivo, partecipato. Abbiamo
curato noi giovani e ragazzi un momento centrale di riflessione e proposte. Non
potevamo non iniziare con un minuto di silenzio per le vittime di Lampedusa.
Avevamo forte il desiderio di “immedesimarci”
nei nostri fratelli migranti, cercando di conoscere e leggere insieme il
conflitto siriano e gli altri conflitti che sono alla base degli intensi flussi
migratori di questi mesi e di questi giorni. Abbiamo studiato
un pò e siamo partiti da questo. Per poi capire cosa fare concretamente a
Catania, eravamo venuti a conoscenza che numerosissimi gruppi di rifugiati
siriani, approdati sulle coste siciliane dopo lunghi giorni di viaggio della
speranza sui barconi, ogni giorno da più di un mese passano da Catania per
spostarsi poi in Nord Europa dove intendono chiedere asilo politico. E arrivati alla stazione di Catania
hanno necessità primarie: bisogno di cambi vestiti, di zaini, di scarpe, generi
alimentari. Abbiamo chiesto ai nostri amici della comunità musulmana di Catania,
con cui era già nata un intenso rapporto di amicizia, come noi potevamo
collaborare. Molto bello è stato l’intervento del Vice Presidente della
Comunità Islamica di Sicilia, Ismail Bouchnafa, presente con tutta la sua
famiglia. Ismail ci ha aperto il suo cuore, raccontandoci quello che stanno
facendo in Moschea: offrono un letto, la possibilità di una doccia, un pasto
caldo, per prepararli poi ad affrontare il secondo “viaggio della speranza”
verso il nord Europa. Ne stanno accogliendo ogni sera più di 50. Ci ha
comunicato il suo sogno: “… vedere un
mondo che ritorni come Dio lo ha creato, senza frontiere, dove ogni uomo è
libero di scegliere dove vivere”. Ci ha invitati a recarci in Moschea
liberamente, ciascuno con “il suo sacchetto”, ma soprattutto con il proprio
tempo, speso per conoscere e stare insieme a questi nostri fratelli.
Una seconda possibilità di azione
concreta ci è data dall’amicizia con Nawal, una ragazza marocchina che vive a Catania,
giornalista freelance, ma che preferisce definirsi “attivista dei diritti
umani”. Ogni giorno si reca alla stazione di Catania, per offrire ai
siriani di passaggio generi di prima necessità, per aiutarli a fare il
biglietto di treno o pullman o fare il cambio della moneta senza essere vittime
di raggiri, ma soprattutto per far sentire vicinanza e solidarietà. Già nelle scorse settimane alcuni di noi
l’avevano già affiancata facendo un ‘esperienza molto arricchente che vogliamo
continuare! Per fare qualcosa per i nostri fratelli rimasti in SIRIA, abbiamo
presentato i due progetti AMU: l’aiuto alle famiglie e la scuola per bambini
sordomuti, a cui abbiamo destinato i fondi che avremmo raccolto... a fine
serata e oltre le nostre aspettative, più di 500 euro!
A conclusione, tanti ci hanno
ringraziato, manifestandoci la loro immediata adesione e la voglia di iniziare
proprio da adesso a mettersi in gioco concretamente qui a Catania!!! Ma
la serata per alcuni di noi non è finita in quella sala. Volevamo portare
subito alla moschea la raccolta di viveri e vestiario, scatoloni e scatoloni.
Cerchiamo Ismail per chiedere se possiamo andare a quell’ora. OK. Arriviamo in
Moschea ed era lì ad accoglierci, con altri amici musulmani. Ci invitano a
visitare la Moschea, ma non ci aspettavamo che ci facessero entrare in quello
che hanno allestito come dormitorio. L’impatto è stato fortissimo. Per terra,
su materassi di fortuna, c’erano sdraiate molte donne che appena ci hanno visto
si sono alzate, venendoci timidamente incontro. A gesti e sorrisi ci siamo
capiti, incontrati, ci hanno offerto dai loro stessi bicchieri il caffè e mano
a mano che ci abbracciavamo ci hanno portato a vedere i loro piccini: ci hanno
messo fra le braccia la più piccolina di 2 o 3 mesi. Alcuni bambini sono
magrissimi o febbricitanti. I loro occhi pieni di speranza ci sono rimasti
impressi dentro. Ci siamo salutati con tantissima commozione da parte nostra e
loro. Non finivano di benedirci e di ringraziarci per la visita che gli avevamo
fatto. Abbiamo lasciato lì un pezzo di cuore. “Ho capito che loro non hanno niente di materiale, ma hanno tutto. Lo
vedevo nei loro volti, nel modo con cui ci hanno accolto, nel loro amore nei
nostri confronti, nella speranza che hanno dentro e che li spinge a vivere un
viaggio così difficile … E’ stato bellissimo concludere così la serata, dobbiamo
andare avanti. Questa notte voglio scrivere subito un articolo per Big
Bang News e Teens” – “Sorrido istintivamente e quello
è l’ultimo saluto che do prima di uscire dalla moschea. La consapevolezza di non essere stata lì per caso è una delle tante cose che
mi porto dentro. Queste sono esperienze che cambiano il nostro modo di vedere
le cose, che ci danno l'opportunità di un confronto con una realtà
apparentemente lontanissima. Cammino: un piede davanti all'altro, sulla strada umida... e nel mio
piccolo mi sento partecipe di qualcosa, qualcosa di davvero importante” - “Quanto
a noi che c’eravamo, non dimenticheremo mai le emozioni e la consapevolezza che
insieme, grandi e piccini, siamo uno tsunami d’amore concreto e inarrestabile!”
Così, abbiamo cominciato, abbiamo aperto il cuore a questa ‘periferia
esistenziale’ della nostra città. Abbiamo
sentito fiorire l’amore e la gioia nella nostra anima.
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