venerdì 11 ottobre 2013

Disarmo: Italia leader in Europa su nuovo trattato

Di Giampiero Gramaglia
L’Italia è stata leader in Europa, sulla ratifica del trattato sul commercio delle armi illegali. Ma, ora, gli occhi sono puntati al Parlamento europeo, senza il cui voto il deposito delle ratifiche non può avvenire.
Del trattato e delle prospettive di un mercato comune della difesa, preludio ed elemento costituente di una difesa europea, si è parlato nella Sala del Mappamondo di Montecitorio, in un convegno dal titolo ‘Più regole, meno violenze - Aspetti innovativi del Trattato internazionale sul commercio delle armi’.
Guardano al Vertice europeo di metà dicembre, dedicato alla difesa, e, in particolare, all’attuazione d’un mercato comune in tale ambito, il ministro della Difesa Mario Mauro non nasconde il rischio che l’appuntamento sia un festival del “dire senza fare”, mentre – a fronte di una situazione in cui i 28 dell’Ue spendono per la difesa più di Usa, Russia e Cina - la prospettiva dovrebbe essere quella di una messa in comune delle risorse nella prospettiva di una difesa europea.
Per il ministro, il trattato rappresenta “un passo avanti”: Esso, sottolinea la presidente della Camera Laura Boldrini, “è frutto del lavoro di un’ampia coalizione internazionale, un ampio fronte che deve continuare a battersi perché serve uno sforzo globale, multilaterale e bilaterale per l’entrata in vigore”.
Ad oggi, il trattato, approvato da 154 Paesi, è stato “ratificato da meno di 10 Paesi” e ne servono 50 perché entri in vigore. Si tratta – parole della Boldrini - di “uno strumento potente per ridurre il commercio delle armi illegali perché avere meno armi in circolazione significa avere meno atrocità e meno violenze”.

E la presidente della Camera, ex funzionaria Onu, ricorda – come vari altri oratori - che “sempre più spesso le armi vengono puntate contro civili e operatori umanitari” e che “vengono bloccati per giorni convogli di aiuti”:  “in questi anni abbiamo perso tanto personale delle ong, tanti colleghi”, mentre donne e bambini sono le principali vittime delle armi in qualsiasi contesto esse siano usate.
Per convincersi che il trattato sul commercio delle armi illegali sia una buona cosa, basta guardare a chi s’è battuto contro: Corea del Nord, Siria e Iran. E per avere la prova che esso non riguarda solo situazioni di conflitto, basta vedere che, fra i primi a ratificarlo, vi sono stati – osserva la Zappia -Messico e Nigeria, Paesi che subiscono la violenza della criminalità e del terrorismo.
Bisogna però coinvolgere nell’attuazione i grandi esportatori, Stati Uniti, Russia, Cina, che coprono il 60% dell’export mondiale di armamenti -il resto è sostanzialmente assicurato dall’Ue - e convincere l’industria che le nuove regole sono nel suo interesse, oltre che giocare sull’impegno della società civile, spesso già in prima linea in questa battaglia.

Le armi convenzionali – osserva Frattini - sono “uno strumento strategico micidiale”: sono esse le vere armi di distruzione di massa perché, dopo la Seconda Guerra Mondiale, hanno ucciso decine di milioni di persone, mentre le armi chimiche e nucleari, il cui potenziale è di per sé dissuasivo, sono stati usati sporadicamente –i gas- e mai –l’atomica-.

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