Le stime parlano di oltre 10.000 morti e centinaia di dispersi. Mentre
si attiva la solidarietà in tutto il mondo, le prime voci che ci giungono dai
membri dei Focolari dell’arcipelago asiatico.
«C’è bisogno di tutto, perché la città di Tacloban
praticamente non esiste più». È la notizia che ci arriva direttamente dalla comunità dei
Focolari nelle Filippine in queste ore drammatiche dopo il
passaggio del tifone Haiyan e la distruzione che ha portato lo scorso 9
novembre, in particolare nelle isole di Leyte e Samar. È uno dei più violenti
tifoni della storia: comunicazioni ed elettricità sono interrotte in molte zone
e con il passare delle ore il bilancio si aggrava.
Tacloban è la città più colpita. Capoluogo
della provincia di Leyte, isola al centro sud ovest, su 200.000 abitanti, sono
oltre 10.000 i morti stimati, e il numero sembra destinato a salire. In questa
città, come in tante altre isole, è presente una comunità dei Focolari. Tanti
centri abitati sono irraggiungibili: «Dalle altre isole stiamo cercando di
metterci in contatto e di portare i soccorsi, ma le comunicazioni sono ancora
difficili», scrivono Carlo Gentile e Ding Dalisay da Cebu. «Una
focolarina medico, Himmel, insieme a Rey e Ladyliz hanno tentato di raggiungere
Tacloban attraverso il porto di Ormoc, sempre sull’isola di Leyte, ma anche
questa città è completamente distrutta e tutte le strade impraticabili».
«La sera del 10 novembre alcuni Giovani per un Mondo Unito di Tacloban, che si trovavano a Cebu al momento del tifone, sono partiti con una
nave della guardia costiera, per andare a verificare come stanno i loro
famigliari e rendersi conto della situazione. Ma per le correnti costiere ha
dovuto cambiare rotta ed è arrivata dopo 18 ore di navigazione anzichè 5».
«Anche altre famiglie di persone con cui siamo in contatto nell’isola di Panay,
sempre sulla traiettoria del tifone, hanno avuto la casa o distrutta o
fortemente danneggiata».
La regione centrale delle Filippine, con
l’arcipelago delle Visayas, è tra quelle più a rischio per la frequenza
delle tempeste tropicali. Consapevole del rischio, il governo aveva fatto
evacuare 600.000 persone e - come scrivono ancora da Cebu - «aveva
fatto il possibile per coscientizzare le persone e cooperare al massimo alla
preparazione dei rifugi. L’arcivescovo di Cebu, mons. Palma, aveva invitato
tutti a pregare, per chiedere aiuto a Dio. Grazie a tutto questo sembra che i
danni alle persone siano minori di altre volte, anche se il numero dei morti è
purtroppo destinato a salire».
E in tutto il mondo si attiva la solidarietà,
sollecitati anche dalla preghiera di
Papa Francesco all’Angelus di domenica. «A Cebu ci stanno già
arrivando aiuti da tutte le parti delle Filippine, e anche da fuori (Hong Kong,
Giordania…)».PER AIUTARE CONTATTATE sgmu@focolare.org
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