Respiriamo ogni giorno e tocchiamo con mano la
violenza dei conflitti, le conseguenze di calamità naturali, ma anche la
generosità che suscitano nei cuori delle persone. Ed anche noi, Giovani per un
Mondo Unito ci siamo chiesti: “ma là dove la nostra quotidianità sembra filare
liscia come l’olio, cosa possiamo fare e
quale può essere il nostro contributo per migliorare la qualità della vita
delle persone che abbiamo intorno”?
Tanti di noi sono impegnati nelle proprie parrocchie
di appartenenza e nel sociale, ma ci siamo sentiti chiamati a rispondere sempre
più concretamente all’invito di Papa Francesco di “andare verso le periferie
esistenziali”.
Cagliari è per noi oggi un cantiere aperto,
settimanalmente diamo la nostra disponibilità alla Caritas e più volte alla
settimana siamo presenti per la catechesi e l’animazione delle S. Messe nel
carcere di Cagliari.
Anche io, da circa un anno, do’ la mia disponibilità
alla Caritas in una parrocchia di Cagliari, nel reparto indumenti/giocattoli e
alimenti di prima necessità.
Uno dei nostri compiti è quello di smistare il
vestiario che tante famiglie generose fanno arrivare: eliminando tutto ciò che
ci appare vecchio, rovinato e quindi non presentabile; con tanto amore e rigore
li sistemiamo negli appositi scaffali e poi la cosa più coinvolgente e forte
viene vissuta proprio nel servire le persone bisognose.
La Caritas è una realtà molto delicata, perché si
entra in contatto diretto con delle persone che presentano situazioni di vita
non facili.
Vedi con i tuoi occhi la tristezza nei visi, senti
con le tue orecchie la disperazione di non avere nemmeno un litro di latte con
il quale fare colazione o un giubbotto caldo con il quale uscire! Tocchi con
mano ogni tipo di disagio: mamme con figli piccoli, genitori disoccupati,
extracomunitari.
E ogni volta, mi chiedo: io Carla, cosa posso fare oggi per rendere felice quella persona? E
la mia risposta è sempre la stessa, ogni giorno: Amarla con la A maiuscola.
Mi sono ritrovata spesso ad ascoltare anche le
situazioni meno facili e lì, l’unica cosa da fare, è essere se stessi ed
esserlo fino in fondo, con un grande cuore totalmente aperto al prossimo che in
quel momento mi passa accanto.
Per esempio io a inizio autunno avevo pensato: “questi
maglioni prima o poi li indosserò, decido di tenerli ancora nel guardaroba”,
poi ad un tratto il mio atteggiamento è cambiato.
Ho iniziato a stare più attenta a certe cose che
prima davo per scontate e ho compreso che con alcuni gesti semplici posso
rendere felici altre persone.
Donando il mio maglione preferito una ragazza
sarebbe stata al settimo cielo; con quel pupazzo che tengo sul letto avrei
fatto felice un bambino; con quegli stivali con la pelliccia avrei potuto
scaldare i piedi di una signora….; e poi è magnifico il passaparola: chiedere
ai parenti, ai vicini di casa se hanno del vestiario che non utilizzano e
preparare insieme a loro tantissime buste da portare con me!
Inizi a pensare all’altro e non più solo a te
stessa, inizi a fare sacrifici anche nel mangiare: non lascio più un
ultimissimo cucchiaio di pasta perché non mi va più, piuttosto lo mangio perché
molte persone lo desidererebbero e non è giusto che lo si sprechi.
Concludo con una frase attraverso la quale possiamo
riflettere: “Se uno vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio
cuore, come dimora in lui l’Amore di Dio?”.
L’esperienza Caritas arricchisce e io auguro a tutti
voi di poterla sperimentare, perché è un continuo generare Amore!
Nessun commento:
Posta un commento