I GMU di Fortaleza ci scrivono:
“Vi scriviamo da Fortaleza, una città del Nordest
brasiliano, per raccontare l’esperienza che abbiamo fatto nel nostro Natale.
Tutto è venuto da una inquietudine di una Giovane per un
Mondo Unito (GMU). Lei dice: “non è giusto rimanere in un sontuosa cena di
Natale mentre tanti che vivono per la strada non hanno niente da mangiare!”
Condividendo questo disagio con un altro giovane, lui subito rispondi di si a lanciarsi
a fare qualcosa per i più bisognosi.
Il 25 dicembre, ci siamo incontrati tutti insieme. Avevamo
poco cibo: un pacco di pane, un po’ di formaggio, mortadella, salsiccia... In
nessun momento abbiamo avuto paura di non aver niente da dare, perché il pensiero
era di dare più che il pane: era conoscerli, sentirli, guardarli negli occhi...
Alla fine, eravamo in otto che preparavano i panini! Tanti hanno portato anche
vestiti da dare. Era veramente incredibile vedere la multiplicazione del materiale
da donare, perché alla fine avevamo raggiunto più di tre pacchi di pane, acqua,
torta... Si vedeva il miracolo!
Parlando con la gente per strada, si vedeva che
l’importante non è soltanto il pane, ma soprattutto una parola, un momento per
fermare e poter sentirli. Una signora ha detto che aveva febbre, non avevamo
nessuna medicina, ma siamo rimasti chiacchierando, ascoltando le sue storie.
Quando ci siamo salutati, lei ha ringraziato e ha detto che non aveva più
febbre, perché l’abbiamo sentita, perché abbiamo portato (nelle sue parole)
“quel pane per l’anima”.
Un GMU scrive:
“Oggi è stato un giorni interessante per me. Da tanto
tempo volevo donarmi nel Natale, fare un po’ di più per coloro che sono
dimenticati nelle vie della città. Benché avevo un po’ di soldi, ho pensato che
ancora molto poco, io potevo dare più. Arrivando lì, ho visto che “il molto”
non era interessante, quello che era importante era una chiacchiera, uno
sguardo, un sentimento di compassione. Oggi dormo felice, però ancora un po’
inquieto, perché so che posso fare di più. Più del cibo loro hanno bisogno di quello
che noi portiamo dentro ma per paura fatichiamo a sprigionare: l’amore.”
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