venerdì 6 dicembre 2013

Mandela, la coscienza del futuro

Di Massimo Toschi
Fonte: Città Nuova 
Ha conosciuto la lotta armata e la prigione, ha scelto il perdono, la non violenza, la riconciliazione e la verità chiedendo alla politica di rendere possibile l’impossibile: cambiare la storia culturale di un Paese e diventare un simbolo per il mondo senza usare armi
Ieri sera 5 dicembre è morto Nelson Mandela. Grazie per la sua vita, arrivata alla sua conclusione, sazia di giorni, secondo la parola delle  Scritture. Madiba, come lo chiamavano tutti con grande affetto, è finalmente entrato nella terra del santo riposo ed è entrato con pace e dignità.
Ha vissuto tutta la sua vita al servizio del suo popolo e del suo paese. Ha passato quasi trent’anni nelle prigioni del governo sudafricano che aveva fatto dell’apartheid, il suo programma. Ha conosciuto la lotta armata, ma poi ha capito che altre erano le armi con cui avrebbe vinto la grande battaglia di civiltà del suo popolo: il rifiuto dell’odio, la forza del perdono, la verità delle vittime, la conversione dei carnefici, la riconciliazione come grande sfida per il presente e il futuro del suo Paese.
Il suo senso della politica era vivere sulla frontiera dell’impossibile, dal carcere alla leadership del Sud Africa, facendo della prigione il luogo di una straordinaria riflessione culturale e politica. Il futuro del Sud Africa non poteva avere lo stigma della vendetta che avrebbe lacerato e devastato il Paese per un tempo infinito.
Proprio guardando Joannesburg dal ghetto di Soweto (tre milioni e mezzo di persone segregate) era  evidente che se fosse iniziata una guerra civile, il popolo avrebbe pagato un prezzo di sangue indicibile e intollerabile: tutti avrebbero perso e nessuno avrebbe vinto. La scelta vincente del perdono, della non violenza, della riconciliazione e della verità rappresenta un passaggio decisivo nella storia culturale e politica del suo Paese e di tutto il mondo. Ciò che era impossibile apparve possibile e la politica trovò nel rendere possibile l’impossibile la sua vera vocazione.
Da presidente della Repubblica volle nel suo governo un ministero dei bambini, delle donne e dei disabili, cioè un ministro difensore dei più deboli, a indicare una straordinaria attenzione alle persone più sofferenti anche nel nuovo Sud Africa, verrebbe da dire un ministero delle vittime, perché la vera forza del potere era ascoltare i più feriti e da li costruire il nuovo Paese.
La virtù e la cultura del perdono che fondano la presidenza Mandela e che rappresentano il contributo dell’Africa al futuro del mondo sono una profezia e diventano visione e sapienza per tutti. Si può e si deve cambiare la storia senza le armi: questo è il vero insegnamento che viene da questo maestro della libertà.
Si può colpire al cuore la malattia delle malattie che è l’odio. Si può guardare ai conflitti con gli occhi delle vittime, che sono gli occhi della verità contro gli interessi e le ideologie, che invece vivono dei conflitti e li alimentano. Si può e si deve uscire dalla prigionia dell’inimicizia per raggiungere il porto pacifico della fraternità.
Attraverso Mandela, l’Africa parla a se stessa e parla al mondo. Oltre la retorica di queste ore un’altra politica è possibile. Questo ce lo insegna Madiba con le sue parole e con le sue azioni: un maestro di giustizia e di non violenza di questo secolo che inizia. La sua autorità morale, maturata in quasi trent’anni di carcere, nasce da una libertà dal potere che lo spinge a rinunciare al suo secondo mandato da presidente delle Repubblica, nonostante tutto il popolo lo richiedesse. Era il potere che era illuminato dall’autorità e non il contrario: una straordinaria lezione politica, in un tempo di mediocrità come l’attuale.
Ai suoi figli spirituali, a coloro che si rifanno alle sue idee, il compito di operare nella storia concreta e nei giorni amari dei conflitti secondo la forza del perdono e non della vendetta, credendo che l’impossibile è possibile. Pensiamo al Medio Oriente o alla zona del Centrafrica. La guerra e le armi hanno mostrato il loro fallimento e allora appare praticabile solo la strada di Madiba. Se falliremo, sarà perché noi ci siamo voltati indietro e siamo stati pietrificati dalla violenza mentre le parole di Madiba ci insegnano che si possono ascoltare le vittime come maestri di pace e allora la verità il perdono e la riconciliazione diventeranno le pietra angolari della casa della pace.

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