Avviato il nuovo progetto AMU “Una scuola sulle Ande” e i
Giovani per un Mondo Unito della Slovacchia stanno organzzando un ballo per il
14 febbraio, 2014.
E’ stato un viaggio a tratti avventuroso e certamente
indimenticabile: a fine novembre Francesco Tortorella del settore progetti AMU
si è recato a Bolívar per l’avvio del progetto “Una scuola sulle Ande”. C’erano
alcuni aspetti da verificare e altri da approfondire prima di dare
ufficialmente il via alla costruzione di una scuola primaria e secondaria,
nucleo centrale di questo nuovo progetto.
Rimandando alla scheda tecnica per informazioni piùdettagliate, chiediamo a Francesco qualche impressione a caldo sul suo viaggio.
«Dopo 5 anni di studio e 8 di lavoro nel campo della
cooperazione allo sviluppo – ci racconta – ho trovato in Perù un caso tipico
esemplare, una sorta di modello di tutto quello che ho studiato, per vari
aspetti. In parte per l’impatto che il sistema globale ha su questo Paese, in
parte perché dentro di sé contiene le categorie storiche della cooperazione
allo sviluppo: dalla distinzione fra primo, secondo e terzo mondo, al binomio
Nord/Sud, al più recente concetto di centro/periferia.
Basti pensare che
in Perù tutto ruota intorno a Lima, la capitale, dove sono concentrati 1/3
degli abitanti di tutto il Paese. Ogni attività importante si svolge a Lima.
Ogni famiglia ha qualcuno che vive a Lima. Lima è sulla costa, sulla direttrice
della strada costiera che attraversa tutto il Perù, mentre le comunicazioni
verso l’interno sono piuttosto difficoltose.
C’è anche da tener presente l’enorme diversità
paesaggistica e culturale fra il territorio costiero, le Ande e la foresta
amazzonica.
Ci sono poi molti altri aspetti che si possono
considerare riguardo alla globalizzazione, per esempio la dipendenza totale del
Perù da 2 prodotti: l’oro e il petrolio.
Il nostro progetto
“Una scuola sulle Ande” è nella periferia di un Paese periferico. Andare lì di
persona, fisicamente, mi ha fatto rendere conto di ciò che significa vivere in
un contesto di parziale isolamento. Qui la strada è stata costruita solo nel
’94. In alcune comunità decentrate ci sono adolescenti che non hanno mai visto
un’automobile. Ma vivere in questo posto significa anche, oggi – nel 2013 –
rischiare la vita. Ci sono infatti persone che ogni notte prendono il pulmino
per andare in città a lavorare, e la strada – stretta, per lunghi tratti
sterrata e a strapiombo su ripidissimi pendii, è veramente pericolosa.»
- Potresti citare 3 motivi per cui la costruzione della
scuola è importante?
«Primo, perché offre opportunità di istruzione a bambini
che altrimenti non potrebbero andare a scuola.
Secondo, perché il
servizio che offre è un servizio di qualità, e darà le stesse opportunità di
chi vive in città di raggiungere l’eccellenza.
Terzo, perché darà
alla gente del posto, anche attraverso attività complementari, la possibilità
di vivere tutta la vita a Bolívar in maniera piena, senza la necessità di
cercare altrove il benessere.»
- Hai intravisto dei problemi nella realizzazione del
progetto?
«Un potenziale problema, comune anche ad altri progetti,
è quello di concentrare su poche persone le responsabilità operative. E’ un
limite che nel tempo potrebbe influire negativamente sulla realizzazione del
progetto; tuttavia, dopo aver conosciuto don Emeterio (parroco di Bolívar e
promotore del progetto), i suoi collaboratori e il personale della scuola, sono
certo che qui ci sono tutte le condizioni per superarlo.»
- E il ricordo più bello del viaggio?
«La gente di Bolívar è per il 95% di origine indigena ed
ha conservato alcuni tratti culturali tipici, quali un rapporto particolare con
la natura, e una grande semplicità e sincerità di rapporti, che si è invece un
po’ smarrita nei contesti più urbani. Senz’altro l’incontro con le persone è il
mio ricordo più bello.»
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