Di Raffaele Natalucci (Roma)
Quest’estate il Campus di Siracusa ha offerto a
decine di giovani, provenienti da tutta Italia, la possibilità di vivere
un’esperienza di fraternità stando a contatto con gli ultimi: dai bambini di un
quartiere di periferia ai minori migranti ospitati nel centro di prima
accoglienza di Priolo.
Illuminanti sono state le parole di un professore di
educazione fisica: “L’insegnante ha senso se ha davanti studenti ai quali la
società non consente di esprimersi”; oppure quelle dell’ex sindaco di Siracusa “La
fraternità non è buonismo ma una categoria politica, per mezzo della quale è
possibile superare i conflitti identitari”.
Le attività di workshop svolte a contatto con i
bambini sono state un’occasione per conoscere contraddizioni e ferite più o
meno profonde, ad esempio figli di genitori in carcere o parenti coinvolti di
recente in scontri a fuoco. Accanto a questa realtà traspare dagli abbracci,
dall’aggressività e dalle provocazioni dei bambini un costante bisogno di punti
di riferimento e di persone fidate: in sostanza una continua ricerca di
affetto. L’esperienza vissuta con loro ha spinto noi animatori a conoscerci e a
mettere in comune le nostre capacità, attitudini e interessi, amplificandoli al
massimo.
Ciò che rimane dopo la visita al centro
d’accoglienza di Priolo è il rapporto umano e il legame forte, stretto con i
migranti. Parlare con giovani
provenienti da paesi africani o dal Medio Oriente ci ha consentito di spostare
in avanti e di aprire i nostri orizzonti: è stato un conoscersi e un
riconoscersi sperimentando un’affinità di speranze e di visioni del mondo! Come
nel caso di alcuni giovani provenienti dal Gambia con i quali ci siamo sentiti
di scommettere sulla possibilità di costruire un futuro in Italia; al momento
di salutarci le parole “buona fortuna” e gli abbracci esprimevano tutto il
calore di una famiglia.
Assistendo allo spettacolo in cui i bambini hanno
espresso e messo in scena il lavoro svolto nei workshop e guardando la sala
gremita di bambini e genitori ho capito
di aver appena vissuto la più forte esperienza di “antimafia” possibile.
Le immagini che descrivono più
realisticamente l’esperienza del campus e la crescita che ne è scaturita, sono
quelle realizzate dai bambini del laboratorio di pittura: nei ritratti e nei
paesaggi inizialmente il colore dominante era il nero(significativo che un
disegno raffigurava una chiesa circondata dai rovi). Nei giorni successivi qualcosa è cambiato!
Un bambino descrivendo il suo disegno racconta: “La
foglia che vola via dal ramo è la mia libertà”!
In poco tempo abbiamo visto che i rovi hanno
lasciato il posto alle rose e il buio ha fatto spazio al sole!
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