mercoledì 10 settembre 2014

Sentirci veri fratelli

 “Mi chiamo Jean Paul e sono un Giovane per un Mondo Unito (GMU) del Burundi. Da 4 anni vivo in Algeria dove il mio paese mi ha mandato per fare l’università. Era la prima volta che lasciavo la casa per più tempo. Sapendo che partivo per un paese musulmano dentro di me sentivo una certa paura che mi minacciava.
Appena arrivato ho preso contatto con il focolare e ho trovato persino un gruppo di GMU che stava proprio per nascere. E a mia grande sorpresa tutti i GMU erano musulmani. Ho cominciato a fare gli incontri con loro ma dentro di me mi dicevo che era impossibile che dei musulmani potessero vivere per la fraternità universale come me.
Dopo alcuni incontri mi sono reso conto che c’era una certa riluttanza al mio linguaggio solito cristiano e questo mi ha messo in guardia e mi sono detto: ‘vorrei prima scoprire questi amici.
Un adulto cristiano che ci accompagnava negli incontri aveva un linguaggio aperto e questo mi ha aiutato a fargli delle domande. E lui mi ha dato alcune indicazioni.
Poi gli ho chiesto: ma loro danno lo stesso significato alla sofferenza come noi cristiani? E la risposta era: ‘comunque loro abbracciano il dolore’. Per me è stata una grande scoperta e mi sono detto: ‘ma sono come me!
A questo punto mi sono messo a costruire rapporti con ciascuno di loro e mi sono detto che anch’io devo perdere il mio linguaggio. Poco a poco, la realtà dell’insieme è cresciuta come numero e come maturità. Abbiamo vissuto tante esperienze che ci hanno portato a sentirci veri fratelli.
Qualche mese fa mi hanno detto: ‘Jean Paul si direbbe che sei diventato musulmano perché non si vede il tuo essere cristiano.’ E mi hanno chiesto di condividere con loro il mio essere cristiano, soprattutto il linguaggio cristiano che volevano conoscere anche loro, perché hanno visto che facevo mio il loro linguaggio.

Questo è stato una grande gioia per me, perché era l’amore reciproco che si manifestava. Certamente quest’esperienza non è ancora finita, andrà avanti.
La stessa esperienza ho fatto anche all’università. Quando sono arrivato i corsi erano già incominciati e dovevo prendere gli appunti dagli altri studenti. Ma loro hanno saputo – non so come mai – che non ero musulmano e mi hanno messo da parte. In qualche maniera sono riuscito a trovare gli appunti presso i miei professori.
Dopo un po’ di tempo verso la fine del semestre alcuni di loro non sono più venuti a lezione e mi hanno chiesto i miei appunti.
Devo ammettere che mi è venuta l’idea di dire di no… ma mi sono detto che devo fare il primo passo amandoli. Ho cominciato a dare a loro i miei appunti senza problemi e pian piano è nata una certa amicizia fino al punto che hanno cominciato a insegnarmi la loro cultura, le loro danze e anche il modo di comportarsi in Algeria.
Alcuni di loro hanno cominciato a invitarmi da loro, cosa rara per uno straniero. E spesso dopo l’università uno di loro mi propone di accompagnarmi da me. Un giorno 3 di loro volevano accompagnarmi e mi dicevano: ‘Scegli tu…’.

Questo per me è una grande gioia e un frutto dell’amore reciproco. Anche qui: l’esperienza continua.”

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