A cura di Carlo Cefaloni
Fonte: Città Nuova
Da dove nasce la diffusione spontanea degli eventi che
festeggiano la liberazione di pezzi di territori dal dominio della macchinette?
Una testimonianza diretta dalla provincia di Venezia
L’invasione dell’azzardo in Italia rivela la debolezza
della politica di fronte al potere del denaro dei grandi concessionari dello
Stato. Mobilitarsi dal basso non solo tramite convegni, ma scendendo in strada
con l’organizzazione di uno Slot Mob aiuta a cogliere il tessuto sociale capace
di resistere alla mercificazione della vita. Osservatori superficiali ne
colgono solo l’aspetto rassicurante e inoffensivo del momento di festa del
barista che rifiuta le slot nel suo locale, ma quel gesto collettivo genera
qualcosa di più.
Cerchiamo di entrare nel vivo tramite una testimonianza
che arriva da Mira, cittadina in provincia di Venezia, nota nell’immaginario
come sede della Mira Lanza, azienda di detersivi ora finita sotto il controllo
di una multinazionale britannica. Lo Slot Mob numero 70 ha visto una grande
partecipazione di persone e associazioni che hanno srotolato il loro striscione
sul naviglio che costituisce un tratto riconoscibile del paesaggio veneziano.
Sentiamo Luana Canova, incontrata a settembre durante l’incontro di Loppiano
Lab dedicato a Slot Mob.
Da cosa nasce questo tuo impegno? Da quale esperienza provieni?
«Da quando avevo 17 anni (oggi ne ho 37) sono impegnata
nel Movimento dei Focolari. Le esperienze vissute nei “Giovani per un Mondo
Unito”, con tutte le attività orientate al “morire per la propria gente”, sono
sempre state per me un punto di riferimento.
In che modo concretamente?
«Ho voluto e potuto donare il mio tempo per varie realtà
sociali: orfanotrofi, case di riposo, carceri, quartieri poveri, ecc. Da un
anno mi sono dedicata più da vicino anche a seguire e dare il mio contributo
per la realtà politica del Comune dove vivo da sempre (prima e dopo essermi
sposata): il Comune di Spinea. Sento forte il desiderio di impegnarmi come
posso affinché la politica sia veramente “spendersi per il bene comune di tutti
i cittadini”».
Come e quando è partita l’idea di fare lo Slot Mob?
«Slot Mob Mira è il secondo evento organizzato in
provincia di Venezia. Il primo si è tenuto a Mestre lo scorso 5 aprile. La
squadra che ha composto l'organizzazione è stata per certi elementi la stessa,
per altri nuova. L'idea è nata dalla partecipazione a settembre 2013 a Loppiano
Lab: in questo momento è stata lanciata l'azione a livello nazionale. Un
gruppetto di partecipanti a Loppiano Lab che abitano nello stesso territorio ha
deciso di organizzare uno Slot Mob anche qui. Eravamo inizialmente circa una
decina di persone».
Quali realtà hanno accolto l’invito? Vi conoscevate già tutti?
«Ognuno di noi ha deciso di coinvolgere altre
associazioni e realtà di sua conoscenza e proporre questa azione. Da qui le
associazioni che si sono aggiunte hanno coinvolto altri. Si è formato così un
bel gruppo in cui naturalmente non tutti ci si conosceva. Sia a Mestre che a
Mira la partecipazione delle persone è stata calorosa».
In che senso? Quale è stata la reazione effettiva dei cittadini?
«Slot Mob a Mira è partito proprio dalla popolazione
(alcuni cittadini e alcune associazioni) e dall'assessorato alle politiche
sociali del Comune. Abbiamo anche lanciato l'iniziativa alle consulte delle
associazioni sociali e culturali. Alcune hanno aderito molto vivamente: alcune
hanno voluto mettere il loro nome nel volantino per testimoniare l'importanza
di Slot Mob e la loro convinta adesione, altre hanno dato un aiuto concreto
alla realizzazione dell'azione. Ci siamo divisi i compiti, ognuno ha dato il
suo contributo: chi attraverso la pubblicizzazione, chi occupandosi delle
scuole, chi organizzando i giochi, l'intrattenimento e le danze nelle due
Piazze, chi occupandosi degli striscioni e cartelloni, chi occupandosi della
logistica in piazza e nell'auditorium, altri delle autorizzazioni, altri della
conferenza pubblica in biblioteca, altri dei rapporti con i media. L’ assessore
alle politiche sociali che ci ha dimostrato grande disponibilità partecipando
attivamente e con concretezza. Dall’esposizione della mostra di vignette della
Comunità Exodus alla possibilità di avere momenti formativi presso una scuola
media assieme alla polizia postale che ha illustrato le insidie dell’offerta di
azzardo sul web. Di grande aiuto è stato un video eccezionale di 10 minuti
preparato da Slot Mob di Cosenza che ha saputo muovere la curiosità dei ragazzi
e far partire una profonda riflessione, che li ha resi liberi di dialogare a
cuore aperto. Il popolo di Mira che ha partecipato all'organizzazione era molto
etorogeneo, ma questo non ci ha dato problemi, abbiamo puntato tutti insieme
allo stesso profondo obiettivo e tra di noi si è creato un bel clima e una rete
di rapporti molto bella. Direi che se Slot Mob servisse solo a questo sarebbe
sufficiente. Siamo tutti “cittadini mobilitati” per il bene della nostra
città!».
E a Mestre?
«SlotMob a Mestre è partito dalle associazioni, ha coinvolto
poi l'assessore al commercio e attività produttive. Attraverso l'assessore
abbiamo ottenuto la collaborazione del comune di Venezia. La burocrazia era
tanta, ma grazie ad un intenso lavoro e alla rete tra noi siamo riusciti ad
organizzare i giochi in piazza Ferretto (piazza centrale di Mestre, il sabato
pomeriggio!) e ad organizzare la conferenza nella sala del consiglio comunale».
Che tipo di realtà è nata tra gli organizzatori?
«Tra le varie associazioni si è creata una coscienza
profonda delle problematiche sociali, sanitarie, economiche, di ordine
pubblico, legali legate all'azzardo: questa stessa nostra coscienza ha potuto
essere riversata tra la popolazione proprio attraverso l'azione e i suoi
strascichi, ma anche attraverso il nostro nuovo modo di vivere orientato al
consumo critico e alla consapevolezza delle conseguenze nefaste dell'azzardo
cui vogliamo opporci con il nostro essere e agire. Questa consapevolezza è
contagiosa e abbiamo potuto sperimentarlo!»
E come partecipazione popolare?
«Tra la popolazione, attraverso questa rete, è partito e
giunto a destinazione un messaggio: vogliamo scegliere e premiare con il nostro
portafoglio i bar che coraggiosamente scelgono di non avere le macchinette. La
fila fuori dai due bar, gli striscioni in corteo, i cartelloni in piazza e
fuori dai bar sono stati notati da molti che interessati si fermavano a
leggere, quindi abbiamo potuto spiegare il senso del flashmob e della
manifestazione. Siamo stati molto felici di aver portato tanta gente nei bar e
così di averli potuti pubblicizzare tra la popolazione. Uno dei bar ci ha detto
che i clienti riconoscono la targhetta che abbiamo lasciato e che hanno esposto
e fanno i complimenti per la scelta coraggiosa».
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