mercoledì 8 luglio 2015

Il pane sospeso che combatte la crisi

A volte basta poco. Un cartello per esempio: pane sospeso. Ha cominciato Napoli, poi è comparso in Emilia, adesso si vede a Milano. È la risposta gentile a un grande bisogno: la fame di chi non ha nulla. Si lascia una “rosetta” o un “francesino” prepagati in panetteria e chiunque può entrare e chiedere la consegna. Un niente, diciamolo, rispetto ai tanti sprechi, ai soldi buttati nelle slot, a certe onerose distrazioni. Ma è un segnale: di civiltà e di attenzione. Riprende la tradizione partenopea del caffè prepagato, sospeso appunto, che i signori lasciavano al bar per chi non poteva permetterselo.

Dietro quei cartelli che vanno dal Sud al Nord c’è però qualcosa di piu. C’è il segno della crisi, che non è affatto superata: anzi, per molti cittadini senza lavoro e ancora più dura. E c’è il segno di una nuova consapevolezza: la solidarietà e il mezzo immediato per rendersi utili e fare qualcosa. Se tanti negozi hanno affisso il cartello “pane sospeso” vuol dire che cresce il numero degli indigenti ma anche la voglia di dare una mano. Perché questa è una catena che supera il confine del Terzo settore, delle associazioni e degli istituti che da anni si occupano di poveri ed emarginati. È una buona notizia che porta il mondo del commercio fuori dai soliti stereotipi, dall’ossessione che condiziona questi tempi difficili: quella del denaro e della quantità.

La gratitudine è la piccola ricompensa di chi non possiede niente e si vergogna a chiedere. Il pane sospeso può essere l’inizio di una nuova attenzione verso agli altri: che non sono solo profughi o stranieri, c’è anche il vicino di casa.

Qualche anno fa un cardinale di Milano, dopo una visita in periferia, senti il bisogno di mettere i suoi beni a disposizione dei poveri della città, delle famiglie bisognose, dei giovani senza lavoro, degli anziani con una misera pensione. Disse che bisognava dare l’esempio, che la vita dei religiosi doveva essere sobria e senza sprechi. Propose anche di dare ai poveri certe case dei preti, troppo grandi e troppo vuote.

Si è perso solo del tempo. Oggi le stesse cose del cardinale Tettamanzi le dice papa Francesco.

Fonte: BuoneNotizie.Corriere.it

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