domenica 12 luglio 2015

L’azzardopatia è una malattia, ma Leonardo è guarito

Giovane, fisico atletico, due occhi azzurri di rara lucentezza. Leonardo ha 26 anni e ama lo sport. Fa l’allenatore e nel fine settimana segue la squadra di basket della sua città. Può contare sul sostegno della famiglia e frequenta un bel gruppo di amici. La sua è apparentemente una vita perfetta. Ma desidera qualcosa in più. Così, per assecondare vizi e passioni, entra nella spirale del gioco d’azzardo. Grazie alla comunità Papa Giovani XIII, Leonardo riconosce il suo problema. E alla fine ce l’ha fatta. «Chi guarisce non è qualcosa, ma qualcuno» diceva don Oreste Benzi.

Nel nostro paese il gioco d’azzardo è fin troppo sottostimato. Eppure l’Italia è seconda al mondo con circa un milione di giocatori patologici. Secondo gli ultimi dati del Ministero della Salute, tre italiani su cento sono indicati come giocatori “problematici”. Un’attività, questa, che solo nel 2014 ha generato una raccolta di quasi 85 miliardi di euro. Cifra che ha portato nelle casse dell’erario più di 8 miliardi.

Giocare d’azzardo significa giocare con i soldi in mano. Stiamo parlando di lotto, lotterie, ippica, slot, vlt, scommesse sportive, casinò. Il paradosso? Questi sono tutti giochi autorizzati. Ciò che è peggio, a farne le spese sono soprattutto adolescenti, anziani, disoccupati. E anche giovani come Leonardo.
«Le prime vincite mi hanno fatto credere che il gioco fosse un guadagno facile. Ma dal divertimento alla dipendenza il passaggio è breve» racconta. «Ho iniziato a giocare una volta a settimana. Poi due, tre, quattro. Infine tutti i giorni. Le perdite crescevano e io avevo assoluto bisogno di soldi. Li ho chiesti con una scusa ai miei genitori, ma non bastava. Così mi sono rivolto agli amici. E ho iniziato ad accumulare i debiti».
Leonardo non allenava più per divertimento, ma per guadagnare soldi. E non usciva con gli amici solo per il piacere di farlo, ma perché così poteva chiedere altri soldi.
«Occorre riconoscere che l’azzardo è un problema. Ed è necessario dire basta. Stop. Stop alle slot e a tutti i giochi che possono causare dipendenza» commenta secco Leonardo, che grazie alla Papa Giovanni XXIII è riuscito a uscirne.
Sì, Leonardo ce l’ha fatta proprio grazie all’aiuto della comunità di Benzi che già nel 1980 ha iniziato a offrire servizi sulle dipendenze patologiche. Sono questi i primi centri italiani di accoglienza e recupero.
Di prevenzione e recupero si parlerà a Bologna il 26 e 27 giugno in occasione del convegno “Smetto quando voglio”, organizzato dalla Papa Giovanni XXIII in occasione della festa dell’indipendenza per la giornata mondiale di lotta alla droga e al narcotraffico.
«Il gioco d’azzardo è una vera e propria patologia. Porta a conseguenza drammatiche. I costi per l’individuo, per la sua famiglia e per la comunità sono altissimi. In Italia circa un milione di persone è affetto da ludopatia» ricorda nel video promozionale Giorgio Valli, mister della Virtus Bologna.
Ludopatia. Una parola di cui dovremmo perdere presto le tracce. Se davvero vogliamo intervenire sulla cultura, prima ancora che sui comportamenti, allora è bene iniziare con le giuste definizioni. Perché il gioco è anche una cosa buona. Basti pensare a quello di società o di ruolo. Oppure pensiamo ai bambini. Quindi anche in queste giornate di riflessione cominciamo a chiamare le cose col giusto nome. Iniziamo quindi a parlare di azzardopatia.

Nessun commento:

Posta un commento