Mentre le virtù
economiche stanno progressivamente rimpiazzando quelle etiche, che
vengono presentate dalla cultura aziendale globale come vizi,
l’economista Luigino Bruni propone una serie di riflessioni che chiama
“Rigenerazioni”, apparse sul giornale Avvenire.
“Vedo
e scopro la mia stessa Luce negli altri, la Realtà vera di me, il mio
vero io negli altri (magari sotterrato o segretamente camuffato per
vergogna), e ritrovata me stessa mi riunisco a me resuscitandomi”. Chiara Lubich, La resurrezione di Roma.
La misericordia è stato il cemento con cui abbiamo impastato nei secoli passati la nostra civiltà.
Senza conoscere e amare la misericordia non comprendiamo la Bibbia,
l’Alleanza, il libro dell’Esodo, Isaia, il vangelo di Luca, Francesco
d’Assisi, Teresa d’Avila, Francesca Cabrini, don Bosco, le opere sociali
cristiane, la Costituzione italiana, il sogno europeo, la vita insieme e
gli amori dopo i campi di concentramento, le famiglie che vivono unite
fino alla fine.
È la misericordia che fa maturare e durare i nostri rapporti,
che trasforma l’innamoramento in amore, simpatia e sintonie emotive in
progetti robusti e grandi, che fa avverare i nostri “per sempre”
pronunciati in gioventù, che impedisce alla maturità e alla vecchiaia di
diventare solo una nostalgica narrazione di sogni infranti.
La misericordia vive di tre movimenti simultanei:
quello degli occhi, quello delle viscere (il rachàm biblico) e quello
delle mani, della mente, delle gambe. Il misericordioso è prima di tutto
qualcuno/a capace di vedere più in profondità.
La prima misericordia è uno sguardo,
che ricostruisce dentro la persona misericordiosa la figura morale e
spirituale di chi le suscita misericordia. Prima di fare e di agire per
“prendersi cura di lui”, il misericordioso lo guarda e lo vede
diversamente. Scorge il “non ancora” oltre il “già” e il “già stato” che
appare a tutti. Prima di essere un’azione etica, la misericordia è un
moto dell’anima, con il quale riesco a rivedere l’altro nel suo disegno
originale, prima dell’errore e della caduta, e lo amo al fine di
ricrearlo alla sua natura più vera. Riesce a ricostruire dentro l’anima
l’immagine spezzata, a ricomporre la trama interrotta. Vede che c’è una
solidarietà inter-umana più profonda e vera di qualsiasi delitto, crede
che la fraternità non viene cancellata da nessun fratricidio. Rivede
ancora Adamo dopo Caino.
E mentre gli appare la purezza nell’impurità, la bellezza nella bruttezza, la luce dentro il buio,
si muove anche il corpo, vengono toccate le carni. Si commuovono le
viscere. La misericordia coinvolge tutto il corpo, è un’esperienza
totale, qualcosa di simile al parto di una nuova creatura – se non ci
fosse la misericordia, a noi maschi l’esperienza del parto resterebbe
totalmente inaccessibile: e invece possiamo intuire qualcosa di questo
mistero, il più grande di tutti, quando ridoniamo la vita con la
misericordia. La misericordia si sente, si patisce, c’è travaglio. È una
esperienza incarnata, corporale. Per questa ragione chi conosce la
misericordia conosce anche lo sdegno: se non soffro visceralmente per
l’ingiustizia e il male attorno a me, non posso essere misericordioso.
Sono le stesse viscere che si muovono oggi per l’indignazione e la
rabbia di fronte ai bambini morti asfissiati nei Tir o annegati in un
braccio di mare, e domani per il tradimento di un amico bisognoso di
perdono. (leggi tutto)
di Luigino Bruni - Fonte: focolare.org
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