lunedì 20 giugno 2011

Non prendersi sul serio, ridere di sè stessi è segno di intelligenza

Imparare a evidenziare i lati buffi della vita, del nostro modo di essere, scherzare col nostro io, rappresentare in modo giocoso i nostri difetti è un segno che stiamo riuscendo ad accetarci così come siamo: un dono di Dio per quelle persone che ci circondano.
Mettere da parte gli atteggiamenti tronfi che spesso si ostentano per apparire, mettere da parte gli stereotipi imperanti, sdrammatizzare anche le situazioni di disagio in cui ci si può trovare, renderebbe la vita più divertente.
L’autoironia, per chi ne sa fare buon uso, è un gioco che aiuta ad esorcizzare le negatività, che anticipa le mosse e rappresenta una valvola di sfogo anche per le tensioni che si accumulano nel vivere quotidiano affollato di problemi e stress.
Thomas More, un grande umanista inglese, diceva che per vivere beati si rendeva necessario, tra l’altro, distinguere un sassolino da una montagna. Pensiero molto condivisibile , perché chi vede tutto sempre nero, chi si impenna di fronte anche a piccoli problemi, avrà una vita triste e malinconica, preda della depressione e dell’insoddisfazione. Al contrario, chi riesce a cogliere dell’esistenza i lati positivi e, perché no, comici, è destinato a godere di maggiore equilibrio e gioia. Attenzione però, perché gli studiosi avvertono che il ridere, l’umorismo deve nascere dal nostro profondo e non essere un atteggiamento di facciata che servirebbe a ben poco per affrancarci dall’angoscia esistenziale.

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