Di Marco Fatuzzo
Fonte: Città Nuova
Da quando è stata istituita nel 1969 la Giornata mondiale
per la pace, i pontefici hanno storicizzato i loro messaggi per questa
ricorrenza assegnando di volta in volta un nome specifico alla pace. Quello
scelto da Bergoglio per il 2014 è “fraternità”, tema assai caro a Chiara Lubich
e alla famiglia dei Focolari
Il mondo è una polveriera. Da recenti statistiche
apprendiamo che sono una sessantina oggi
gli Stati coinvolti in focolai di guerra (24 in Africa, 15 in Asia, 8 in
Medio Oriente, 5 nelle Americhe, 8 in Europa), e sono circa 500 i gruppi armati che si fronteggiano
(fra milizie-guerrigliere, gruppi di matrice terroristica, formazioni
separatiste o anarchiche, cartelli della droga). Le industrie belliche non conoscono crisi e le tragiche conseguenze
dei conflitti si riversano sulle inermi e incolpevoli popolazioni civili.
La voce dei pontefici. La pace, dunque, è il problema dei
problemi. E tutti i pontefici hanno sempre levata alta la loro voce per condannare la follia della guerra. Per
limitarsi al ventesimo secolo, si potrebbero ricordare le severe denunce di
Benedetto XV e Pio XII riguardo alle “inutili
stragi” consumate nei due conflitti mondiali. Proseguendo poi con Giovanni
XXIII, il cui documento più significativo, l’enciclica del 1963 Pacem in
terris, sarà ripreso dal Concilio Vaticano II e inserito nella costituzione
pastorale Gaudium et spes del 1965.
Le Giornate mondiali per la pace. Va riconosciuto a Paolo
VI il merito di aver riconosciuto la necessità di riproporre ed attualizzare,
con cadenza annuale, il messaggio pontificio e conciliare alla coscienza
dell’umanità. Nascono così, per iniziativa di papa Montini, a partire dal 1°
gennaio 1968 (anno emblematico, perché il più cruciale del secondo dopoguerra),
le “Giornate mondiali per la pace”, da celebrarsi nella ricorrenza del
Capodanno. Da allora si sono susseguite senza interruzioni per 46 anni, e tutti
i pontefici che si sono succeduti hanno tradizionalmente reso pubblici i loro
messaggi per queste giornate nel giorno dell’Immacolata.
I nomi della pace. Una lettura, sia diacronica che
sincronica, di questi messaggi ne coglie, oltre al significato genuino,
l’attualità e la storicizzazione, incentrandosi ora su un aspetto ora sull’altro
che costituiscono i fondamenti della pace. Così, taluni messaggi porranno in
rilievo la verità, altri la giustizia, altri ancora la libertà o
l’amore-solidarietà (cioè i quattro pilastri individuati da Giovanni XXIII
nella sua enciclica).
Sarà poi la volta di altri punti focali per la
costruzione della pace, come la riconciliazione o il dialogo. Sul moggio, adesso, la fraternità. È il
tema annunciato da papa Francesco l’8 dicembre scorso per la “Giornata mondiale
della pace” del 1° gennaio 2014. Si va alle radici profonde del problema, con
il pontefice che descrive in modo mirabile la categoria della fraternità
universale e la sua relazione con la pace. In
primo luogo – spiega – essa è un anelito insopprimibile di ogni uomo e di ogni
donna «che sospinge verso la comunione con gli altri, nei quali troviamo non
nemici o concorrenti, ma fratelli da accogliere ed abbracciare».
Ontologicamente, infatti – osserva – «la
fraternità è una dimensione essenziale dell’uomo, il quale è un essere
relazionale. Senza di essa diventa impossibile la costruzione di una società
giusta, di una pace solida e duratura».
E parla di una vera e propria «vocazione», che va
seminata in famiglia, «a formare una comunità composta da fratelli che si
accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri». Perché – fa
rilevare – «la famiglia è la sorgente di
ogni fraternità»,e perciò «è anche il fondamento e la via primaria della pace,
poiché dovrebbe contagiare il mondo con il suo amore».
Una vocazione contrastata. Papa Bergoglio riconosce le
difficoltà che paiono smentire nei fatti questa vocazione. In primo luogo la
"globalizzazione dell’indifferenza"
«che ci fa lentamente
"abituare" alla sofferenza dell’altro, chiudendoci in noi stessi».
In proposito, il pontefice cita Benedetto XVI: «La globalizzazione ci rende
vicini, ma non ci rende fratelli».
E in tale contesto ricorda poi le gravi lesioni dei
diritti umani in tante parti del mondo, «le guerre fatte di scontri armati», ma
anche quelle «meno visibili, non certo meno crudeli, che si combattono in campo
economico e finanziario con mezzi altrettanto distruttivi di vite, di famiglie,
di imprese».
E aggiunge all’elenco le molte situazioni di
sperequazione, di povertà e di ingiustizia, che «segnalano non solo una
profonda carenza di fraternità, ma anche l’assenza di una cultura della
solidarietà».
Le radici profonde della fraternità. «Per comprendere
meglio questa vocazione dell’uomo alla fraternità», ed anche «per riconoscere
più adeguatamente gli ostacoli che si frappongono alla sua realizzazione e
individuare le vie per il loro superamento», è fondamentale per papa Bergoglio «farsi guidare dalla conoscenza del disegno
di Dio, quale è presentato in maniera eminente nella Sacra Scrittura».
E cita, in proposito, Mt 23,8: «Poiché vi è un solo
Padre, che è Dio, voi siete tutti fratelli»: da cui si evince la radice della
fraternità che è dunque contenuta nella paternità di Dio. «Non si tratta di una
paternità generica, indistinta e storicamente inefficace – precisa –, bensì dell’amore
personale, puntuale e straordinariamente concreto di Dio per ciascun uomo. Una
paternità, allora, efficacemente generatrice di fraternità, perché l’amore di
Dio, quando è accolto, diventa il più formidabile agente di trasformazione
dell’esistenza e dei rapporti con l’altro, aprendo gli uomini alla solidarietà
e alla condivisione operosa».
Per papa Francesco, non solo le nuove ideologie –
caratterizzate da diffuso individualismo, egocentrismo e consumismo
materialistico che indeboliscono i legami sociali – ma anche le etiche
contemporanee risultano incapaci di produrre vincoli autentici di fraternità,
«poiché una fraternità priva del riferimento a un Padre comune, quale suo
fondamento ultimo, non riesce a sussistere. Una vera fraternità tra gli uomini
suppone ed esige una paternità trascendente».
Gesù crocifisso e risorto. Il pontefice evidenzia poi
come sia la croce «il "luogo" definitivo di fondazione della
fraternità, che gli uomini non sono in grado di generare da soli», e anche come
l’abbandono di Gesù al Padre diventi «il principio nuovo e definitivo di tutti
noi, chiamati a riconoscerci in Lui come fratelli perché figli dello stesso
Padre», e contenga anche «il superamento della separazione tra i popoli»: tra
quello dell’Alleanza e quello dei Gentili.
«Gesù è la pace», afferma Bergoglio, perché riconcilia in
sé tutti gli uomini, abbattendo l’inimicizia, ovvero il muro di separazione che
li divideva, creando in se stesso «un solo popolo, una sola nuova umanità».
Da queste premesse, per papa Francesco è facile
comprendere come la fraternità sia «fondamento e via per la pace». E da ciò discende
che non soltanto le persone, ma anche le Nazioni debbano incontrarsi in uno
spirito di fraternità. I loro obblighi – spiega – sono radicati nella
fraternità umana e soprannaturale e si presentano sotto un triplice aspetto: il
dovere di solidarietà (che esige che le Nazioni ricche aiutino quelle meno
progredite); il dovere di giustizia sociale (che richiede il ricomponimento in
termini più corretti delle relazioni difettose tra popoli forti e popoli
deboli; il dovere di carità universale (che implica la promozione di un mondo
più umano per tutti, un mondo nel quale tutti abbiano qualcosa da dare e da
ricevere, senza che il progresso degli uni costituisca un ostacolo allo
sviluppo degli altri).
C’è dell’altro (molto ancora) nel messaggio
dell’Immacolata di papa Francesco per la Giornata mondiale della pace del
capodanno 2014. Vale proprio la pena di leggerlo e meditarlo per intero. Lo suggeriamo
sentitamente ai nostri lettori.
Consentiteci una postilla. Per la famiglia dei Focolari è
stato motivo di autentica gioia ritrovare nel messaggio di papa Francesco una
grande sintonia con la visione della fraternità universale costituente il cuore
della spiritualità di comunione di Chiara Lubich.
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