A cura di Redazioneweb
Fonte: Città Nuova
Una religiosa della zona di Bouca, nel nord est del Paese
ci racconta la quotidianità della sua missione che accoglie 369 famiglie
sfollate per la guerra civile. Dietro la lotta tra fazioni si celano in realtà,
interessi internazionali per fonti energetiche e materie prime
È quasi metà novembre e vi voglio aggiornare sulla nostra
situazione. Qui alla missione sono accampate in tende di fortuna fatte con teli
di plastica distribuiti dalla Croce Rossa Internazionale 369 famiglie senza
casa con un totale di 1610 persone. Ci sono stati momenti in cui eravamo 2750
secondo i dati della Croce Rossa Centrafricana. Dopo un primo approccio alla
situazione per conoscere i bisogni, la Croce Rossa ha distribuito fagioli,
mais, olio e sale alle famiglie, e ancora coperte, stuoie, pentole, piatti,
bicchieri, posate, bidoni, bacinelle a circa 800 famiglie: 400 musulmane e 400
cristiane.
Ho fatto un censimento sulla situazione di Bouca centro:
le case bruciate dei cristiani sono 743, quelle dei musulmani secondo un
rapporto della DRC (Comitato Danese per i Rifugiati) sono 139. La situazione
resta ancora incerta ma la gente sta ritrovando la serenità per ricominciare ad
andare nei campi il mattino per ritornare il pomeriggio, la stessa cosa per il
mercato ridotto a poche ore e di giorno perché quando arriva sera, per ragioni
di sicurezza, tutti ritornano ai loro ripari. Quanti sono rimasti in alloggi di
fortuna nei campi, vengono in città con molta paura e incertezza per comprare
sale e sapone e ripartono subito.
I prezzi dei generi di prima necessità prodotti
localmente sono diminuiti moltissimo perché non c’è più possibilità di
commercio esterno alla città, mentre il prezzo di sale, zucchero, sapone, olio
ecc. è triplicato. Non ci sono mezzi di trasporto pubblico né privati che
arrivano a Bouca. Le sole macchine che circolano qui sono quelle di Medici
Senza Frontiere Spagna che sono a Bouca da agosto per curare la gente. Erano
venuti per tre mesi ma per ora contano di non potersi ritirare se non a fine
d’anno.
Tutti ci chiediamo quando questa via crucis quotidiana
finirà, quando questo popolo potrà ritrovare la libertà di movimento e la
tranquillità per tornare nelle loro case e vivere una vita normale. Alla sera
di ogni giorno dici: «Grazie Signore perché è stato quasi normale». Ogni notte che passi nel silenzio e senza
rumori dici: «Grazie Signore perché questa notte è stata una buona notte per
tutti».
La gente continua a essere sfruttata, arrestata
abusivamente senza motivo, messa in prigione, torturata, e liberata dopo che la
famiglia ha pagato una multa. Ci sono ancora persone che scompaiono perché
prelevate la notte e condotte a destinazioni sconosciute. Le famiglie che sono
alla missione mi dicono che per il momento hanno molta paura e che non possono
ritornare a vivere in quartiere, anche se qualcuno di loro possiede ancora la
casa perché è stata soltanto saccheggiata, ma non bruciata.
Il nostro vescovo continua a informarsi sulla nostra
situazione e m’incoraggia a non far partire la gente, a farla restare alla
missione perché è il solo luogo sicuro per loro. In diocesi a Bossangoa è la
stessa cosa. Alla missione ci sono circa 35 mila persone rifugiate e dai
villaggi continuano ad arrivarne tutti i giorni, ognuno con una storia diversa
ma fondamentalmente uguale: «Sono fuggito perché sono arrivati i militari
sparando su case e persone per rubarci il poco che ci resta».
Continuate a pregare perché solo il Signore può
confortare il suo popolo. È la sola arma a nostra disposizione e credo che
l’anno della Fede per noi sia veramente un invito a mettere tutte le nostre
speranze nel Signore della vita e della pace.
Suor
Angelina
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