Il movimento per il mondo unito raccoglie l’invito di Francesco e in Parlamento chiede di fermare i mercanti di morte
In volo di ritorno dall’isola greca di Lesbo, con ancora negli occhi le
immagini dei profughi del campo di Moria, il pontefice ha puntato di
nuovo il dito contro i mercanti di morte, i trafficanti di armi che
speculano sulle guerre da cui fuggono i rifugiati: «Io inviterei i
trafficanti di armi, perché le armi, fino ad un certo punto, ci sono
accordi, si fabbricano, ma i trafficanti, quelli che trafficano per fare
le guerre in diversi posti, per esempio in Siria: chi dà le armi ai
diversi gruppi, io inviterei questi trafficanti a passare una giornata
in quel campo. Credo che per loro sarà salutare!».
Non è la prima
volta che Francesco lancia il suo j’accuse contro il mercato delle armi.
Ma sembra cadere inascoltato. Lo hanno raccolto i giovani delle Scuole di Partecipazione del Movimento Politico per l’Unità, insieme ai Giovani per un Mondo Unito, in collaborazione con il coordinamento italiano del Movimento Politico per l’Unità
che fa capo al Movimento dei Focolari. Sono giovani provenienti da
diverse parti del mondo, di lingue, culture e religioni diverse.
Si
sono riuniti nei giorni scorsi nell’aula dei gruppi parlamentari, presso
la Camera dei deputati: «Attualmente ci troviamo in uno stato di
conflitto diffuso, che induce a parlare di “terza guerra mondiale”.
L’emergenza di questa situazione ci fa interrogare su quello che
possiamo fare noi e su quali politiche si possano attuare per cambiare
il corso degli eventi, che oggi ci appare quanto mai disastroso e
ingiusto», hanno detto rivolgendosi alla presidente della Camera, Laura Boldrini e al ministro degli esteri, Paolo Gentiloni.
«Crediamo
che la costruzione della pace non sia un’utopia, ma un percorso che
deve iniziare oggi sia dalle nostre scelte quotidiane che da decisive
azioni politiche volte a questo obiettivo», hanno detto ancora i
giovani. Perciò hanno lanciato un appello in cinque punti: «Come società
civile chiediamo:
1. Il rispetto della legge 185/90; nello specifico
chiediamo di interrompere l’esportazione di armi e il loro transito sul
territorio nazionale, verso Paesi in evidente stato di conflitto
armato, e Paesi che stanno commettendo gravi violazioni dei diritti
umani;
2. Lo stanziamento di fondi per la riconversione a fini civili
dell’industria bellica, con riferimento a quanto stabilito nell’art. 1
comma 3 della legge 185/90.
3. La trasparenza e il controllo delle transazioni bancarie verso importazioni, esportazioni e transito di sistemi d’arma
4.
L’inclusione tra le priorità dell’agenda politica di temi come
l’integrazione e l’accoglienza, promuovendo azioni volte a tutelare le
minoranze, contrastando l’esclusione sociale e promuovendo politiche di
dialogo che favoriscano una convivenza più pacifica, inclusiva ed
arricchente
5. L’investimento di maggiori risorse nella
cooperazione internazionale e nella promozione di vie non armate per la
costruzione della pace»
Ora tocca ai parlamentari e agli uomini di governo, che erano presenti a quell’incontro, raccogliere tale appello.
Fonte: Panorama.it
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