I Giovani per un Mondo Unito (GMU) di Córdoba (Argentina),
escono nelle strade per aiutare a ristabilire l’ordine e sciogliere la
tensione, dopo i gravi incidenti di ordine sociale iniziati con lo sciopero
della polizia.
Córdoba, una città con 1,2 milioni di abitanti, nel cuore
dell’Argentina. La polizia provinciale protesta chiedendo un aumento di
salario, fino al punto di scioperare, ritirandosi nelle proprie caserme e
lasciando le strade senza vigilanza. Due persone sono morte e oltre mille
locali commerciali, case private e perfino il deposito della Caritas sono stati
presi d’assalto tra il 3 e il 4 dicembre, da parte di gruppi di delinquenti
organizzati. Coprifuoco forzato per gli abitanti, rimasti chiusi nelle proprie
abitazioni, negli uffici pubblici, nelle scuole e nelle università, con i mezzi
pubblici fermi.
Per ristabilire la calma è stata importante l’azione di
mediazione svolta dal Comipaz (comitato interreligioso), attraverso gli
interventi del vescovo ausiliare Pedro Javier Torres, del Rabbino Marcelo
Polakoff e di autorità e rappresentanti di diverse confessioni religiose.
A mezzogiorno del 4 si è arrivati ad un accordo tra le
parti, in seguito al quale la polizia, poco a poco, ha ripreso il controllo
della città.
Appena è stato
reso pubblico questo accordo, ha preso il via l’azione dei Giovani per un mondo
unito, così come ci racconta Ana María Martínez: «Stavamo assistendo con timore
ai saccheggi, chiusi nelle nostre case. Ma non potevamo restare passivi di
fronte a quello che stava succedendo nella nostra Córdoba. Avevamo un grande
desiderio di dimostrare alla società che qualcosa di buono può uscire anche da
tanta rabbia, pazzia e corruzione strutturale».
«Attraverso le reti sociali ci siamo dati appuntamento in
una piazza della città. Alle 16,00 sono arrivati i primi giovani ed in breve
eravamo già in 30. Era presente anche un canale televisivo ed alcuni
giornalisti. Con il passare delle ore, si sono aggiunti altri gruppi di giovani
avvisati con tutti i mezzi possibili. Alla fine eravamo più di 100, più le
numerose persone che hanno preso con noi l’iniziativa di pulire nei propri
palazzi o nelle strade vicine».
La notte precedente era stata terribile: spari, sirene
degli allarmi nelle case vicine, saccheggi, tanti rimasti a difendere il proprio
negozio.
Il lavoro era molto: pulire dalle ceneri degli incendi,
ritirare i resti delle barricate… «Ma al di là del lavoro concreto, l’idea
fondamentale era parlare con la gente, offrire loro un momento di dialogo e di
ascolto. La risposta è stata immediata: chi portava prodotti alimentari per il
deposito della Caritas, chi acqua per quelli che lavoravano, guanti, scope,
pale. Molti si sono uniti al nostro lavoro, commossi alla vista di chi, pur non
vivendo nella zona, era andato a pulire nel loro quartiere».
Veramente inattesa la ripercussione sui giornali, radio,
notiziari che hanno dato notizia dell’azione dei giovani: «Crediamo che
qualcosa siamo riusciti a fare – continua Ana
– al di là della pulizia delle
strade, abbiamo capito che dipende da ciascuno cominciare a fare qualcosa di
diverso e che, anche se il giorno prima si era generato un contagio di
delinquenza e opportunismo, oggi siamo stati testimoni di un contagio di buona
volontà, di sforzo e di lavoro comune per iniziare un cambiamento».
La situazione in Argentina non è, al momento, ancora
risolta; anzi, si assiste ad un dilagare di scontri e proteste anche nelle
altre provincie, ma resta alto il desiderio di non farsi vincere dalla violenza
e trovare nuove vie di pace.
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