Stavo parlando via computer con un amico, quando il “software” del
mio Pc si è bloccato. Per telefono ci siamo accordati che, sistemato
l’inconveniente, ci saremmo risentiti… Ma poi ho avuto altre cose da fare e
sono passati alcuni giorni. Lui è rimasto arrabbiato e mi ha accusato di essere
maleducato e insensibile. Ci sono rimasto molto male e mi sono preoccupato
perché ho pensato di non essere in grado di relazionarmi correttamente con il
prossimo… e che quindi la mia vita fosse un fallimento…
T.M.
Le tante
possibilità che oggi abbiamo per comunicare restano strumenti e non ci
assicurano la qualità della comunicazione. Non solo, infatti, si guastano (come
è successo a te) ma, nella loro immediatezza e freneticità, possono farci illudere
di creare rapporti profondi e di capirsi, anche se spesso non è così.
La reazione del tuo
amico, non proporzionata al fatto, denota una tensione nel vostro rapporto che,
covando sotto le ceneri, si è riattizzata per un po' di vento. Non è, quindi, sul
piccolo malinteso che dovete concentrarvi ma guardare alla qualità del vostro
rapporto e alla capacità di accettarsi e accogliersi così come siete. Anche la
tua reazione mi pare esagerata. Quando qualcuno ci dice che non apprezza un
nostro modo di fare (o perché non siamo perfetti noi, o perché sono troppo
critici gli altri) non occorre concludere che tutta la nostra vita è un
fallimento. Ho fatto anche io tante volte questo percorso, trasformando un
sassolino in una montagna.
Meglio guardare al
fatto in sé, con serenità e buon senso e possibilmente con l'aiuto di qualcun
altro che ci permetta di essere più oggettivi. E poi riparlarne fra voi
apertamente ma senza giudizi o accuse e mettendo a fuoco i motivi che vi
uniscono. Così riprenderà tra voi la comunicazione vera e profonda, quella che
nasce dalla disponibilità di accogliersi, di ascoltarsi, di capirsi, di
ricevere e di donarsi, e non dalla tecnica o dalla rapidità.francesco@loppiano.it
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